Per la Lega la campagna elettorale non finisce mai. Intervenendo venerdì alla festa di Limes a Genova Paolo Gentiloni afferma che l’Italia «ha bisogno dei migranti» che però non dovrebbero arrivare con i barconi dei trafficanti bensì «attraverso un flusso sicuro». Parole normali, quelle del premier, e neanche particolarmente nuove visto che le stesse cose le affermano da tempo economisti e demografi. Non è così per Matteo Salvini che su Twitter preferisce invece ironizzare su quanto detto dal presidente del consiglio: l’Italia ha bisogno dei migranti? «Chiamate un medico» scrive il leader della Lega lasciando così intendere come le dichiarazioni di Gentiloni siano la conseguenza di un malessere.

In realtà se abbandonasse per un attimo il linguaggio da comizio, probabilmente per una volta Salvini si troverebbe d’accordo con il premier. Istituti di ricerca nazionali e internazionali spiegano infatti da anni come la presenza di immigrati regolari sia fondamentale non solo per la sopravvivenza dell’Italia e dell’Europa – messe sempre più in crisi dal calo della nascite – ma anche per il mantenimento degli attuali tenori di vita. Due anni fa fu il Centro studi di Confindustria a dirlo chiaramente in una ricerca intitolata «Immigrati: da emergenza a opportunità»: «Il primo e principale beneficio dell’immigrazione è demografico», si spiegava. «In Italia, come in altri Paesi sviluppati, l’immigrazione attenua gli squilibri derivanti dall’invecchiamento della popolazione, grazie alla più giovane età sia alla maggiore fecondità degli stranieri». Senza i quali, proseguiva lo studio, dal 2002 al 2015 la popolazione italiana sarebbe diminuita di 128 mila unità, mentre «al contrario, grazie ai nuovi arrivi e alle loro nascite (oltre 75 mila nel 2014, contro poco più di 5 mila morti) nello stesso periodo gli stranieri hanno fatto salire la popolazione residente nel Paese di 3,8 milioni, a 60,8 milioni».

Siamo dunque un Paese che invecchia velocemente, un declino lungo il quale siamo seguiti dal resto dell’Europa – fatta salva qualche eccezione come l’Irlanda e pochi altri Paesi. Se poi al saldo tra nascite e morti (in negativo per quanto riguarda le prime), si aggiungono gli italiani (ma anche i migranti) che scelgono di cercare all’estero un lavoro, la situazione si fa ancora più drammatica, tanto che sempre 2016 il quotidiano francese Liberation già titolava «L’Italia, paese in via di spopolamento».

L’allarme non riguarda però soltanto la possibile scomparsa degli italiani. Un popolazione sempre più anziana significa un minori numero di persone in età lavorativa con pesanti ricadute su sanità e pensioni. In un studio uscito a febbraio di quest’anno («Prospettive demografiche dell’Ue») il Centro di ricerca del Parlamento europeo ricorda come nel 1960 gli europei rappresentavano il 13,5% della popolazione mondiale, percentuale scesa poi a 6,9% nel 2015. E avverte: «Nel 2055, salvo sorprese, rappresenteranno il 4,9% dei 10 miliardi di persone che abiteranno il mondo». L’Italia, per la cronaca, nel 2029 sarà la prima ad avere un’età media fissata sui 50 anni.
Tutto questo se non si interviene invertendo la tendenza con un’immigrazione regolare. Necessaria anche all’economia del Paese e al pagamento delle pensioni. Facendo infuriare il centrodestra, il presidente dell’Inps Tito Boeri ha infatti ricordato più volte quanto sia fondamentale il contributo degli immigrati regolari al sistema previdenziale: «Versano ogni anno 8 miliardi e ne ricevono 3 in pensioni e altre prestazioni», ha detto Boeri. Una realtà della quale, però, è meglio non parlare a Pontida.