Tegola numero… Impossibile dirlo: si è perso il conto. Berlusconi rinviato a giudizio per la compravendita di senatori nel corso dell’assedio al secondo governo Prodi, 2006-07. Processo spinoso, quasi più per i rischi di richiesta di detenzione cautelare che per quelli di condanna. I termini di prescrizione sono vicini, ma nel corso dell’iter, o del dibattimento, potrebero uscire fuori fatti nuovi e se a quel punto Berlusconi non fosse più senatore la richiesta di arresto diventerebbe realistica.
Il cavaliere, nella sua villa sempre più triste, se lo aspettava ma schiuma rabbia e suda paura lo stesso. I suoi, tutti si sono prodotti nel solito coro di denunce sempre uguali. All’apparenza unanimi, in realtà schierati su posizioni opposte.
Ieri, i due partiti che coabitano rissosamente nel Pdl si sono finalmente scontrati apertamente anche sul fronte della decadenza del capo. Merito di Maurzio Lupi, che per una volta non l’ha mandata a dire: «L’equazione decadenza-crisi non c’è più. Col voto di fiducia abbiamo preso l’impegno ad andare avanti». Lui e il colombaio la pensano così. Il partito dei duri non concorda. «Non si può liquidare la faccenda così. E’ un fatto politico», sbotta la Gelmini per tutti.
I fatti parlano da soli: ieri il partito della crisi è andato a un passo, anzi a quattro striminziti voti, dall’abbattere la bicamerale per le riforme e con lei il governo. I numeri sono eloquenti: tra assenti e contrari i pdl che hanno mitragliato la commissione sono stati 25. Solo due in meno dei 27 che, nel giorno della fiducia, si erano schierati per il no secco al governo. Stesso quadro sulla legge di stabilità: i falchi una legge a suon di tasse, checché ne dicano oggi, non la voteranno mai.
Il momento della verità dovrebbe arrivare col voto sulla decadenza. Solo dopo quel voto l’ira del procesatissimo dovrebbe superare il punto di ebollizione, tanto da fargli superare i dubbi e spingerlo verso l’opposziione con gli scalpitanti rapaci. Proprio per questo quel momento della verità potrebbe arrivare tardissimo e forse addirittura non arrivare mai. Casini e i suoi «popolari» sono attivissimi nel gioco al rinvio fino a quando non si sarà espressa la Cassazione disinnescando il voto del Senato. Primavera prossima. E anche Napolitano, secondo alcune interpretazioni, avrebbe battuto ieri un colpo. Ha difeso il suo messaggio sulle carceri da una rappresentazione contraffatta e grossolanamente strumebntale». Traduzione: non ho proposto l’amnistia per fare un favore a Silvio. Ha aggiunto che non si sottrarrà «a qualunque adempimento scomodo purché rientri nei limiti del mio mandato». Traduzione possibile: posso graziare chi mi pare, anche Silvio. Ma è più probabile che alludesse ancora al messaggio sulle carceri-
Senza il passaggio cruciale sulla decadenza, la marcia dei «lealisti» verso l’opposizione diventerebbe ben più difficile. Una cosa è saltare il fosso col capo alla testa, un’altra fare il gran passo senza la benedizione del fondatore.
Vero è che un primo scontro all’rma bianca potrebbe scatenarsi già il 29 ottobre, quando l’ufficio di rpesidenza del Senato scioglierà il nodo sul voto palese o segreto, sempre a proposito del caso Berlusconi. Il presidente Grasso ha lasciato aperto più di uno spiraglio alla richiesta di voto palese, senza modifiche dei regolamenti ma tramite «interpretazione» degli stessi: «Bisognerà vedere se il voto segreto sarà davvero un voto di coscienza o se dipenderà da interessi diversi. Il voto palese renderebeb tutto più chiaro». I capigruppo del Pdl lo fulminano seduta stante. Per Schifani, Senato, sono affermazioni «molto gravi» tanto più che «il regolamento parla chiaro». Più duro Brunetta, Camera: «Parole non da presidente del Senato ma da uomo di parte, anche da fazione». Un’anticipazione eloquente di quello che potrebba succedere se il 29 ottobre si deciderà per il voto palese.
Ma neppure quell’eventuale strappo sarà risolutivo, perché il congresso di scissione del Pdl è ancora in alto mare. Ieri, dopo giorni e giorni, i capibastone Alfano e Fitto, si sono incontrati, si sono parlati, hanno trattato. Non hanno risolto niente. Il primo insiste sull’azzeramento delle cariche. Il secondo lo boccia senza appello. E la giostra riparte