Niente genocidio, niente omicidio di massa. Aver provocato la morte di metà delle 600mila persone vittime di Covid-19 in Brasile vale “solo” la richiesta di processo per crimini contro l’umanità – e altri 8 capi d’accusa che vanno dalla «ciarlataneria» all’«incitamento a commettere crimini».
All’ultimissimo istante la commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi) sulla pandemia ha cancellato dal suo rapporto finale i due reati più roboanti a carico del presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Come anticipato ieri dal manifesto, la Cpi da Covid ha chiesto l’incriminazione anche dei figli di Bolsonaro, Flavio Eduardo e Carlos, degli ex ministri Pazuello (sanità) e Araujo (esteri), e inoltre dei ministri in carica Queiroga (sanità), Lorenzoni (lavoro), Rosario (controllo gestione) e Netto (difesa), di cinque deputati, otto grandi imprenditori, 14 medici e funzionari sanitari, 11 consiglieri politici e un’altra ventina di protagonisti della macelleria politico-sanitaria che ha portato il Brasile al secondo posto al mondo per numero di vittime.

MA GENOCIDIO ERA TROPPO, alla fine anche l’avvelenato relatore della commissione Renan Calheiros ha ceduto. L’enorme rapporto di 1.200 pagine, frutto di sei mesi di audizioni pubbliche a volte simili a quelle del Padrino II contro Michael Corleone – un testimone è arrivato col giubbotto antiproiettile, un altro ha preteso l’immunità per sentenza, un terzo è stato allontanato come mentitore seriale al centesimo «credo di no»… – contiene decine di dettagli atroci. Dalle 100 email di Pfizer rimaste inevase alle email invece spedite al premier indiano Modi per il suo costosissimo Covaxin, ai soldi che non c’erano per il Covid ma c’erano per salvare la Petrobras, ai farmaci inviati in Amazzonia per vedere che succede col vermifugo e succede che muoiono a migliaia, a medici e blogger pagati per propagandare la letale immunità di gregge.

Sarà approvato la settimana prossima e trasmesso alla procura generale della Repubblica per le incriminazioni. E qui potrebbe fermarsi: il procuratore si chiama Augusto Aras, un baiano di 63 anni indicato direttamente da Bolsonaro due anni fa. Per la prima volta in vent’anni il presidente non ha scelto uno dei tre nomi proposti dall’associazione procuratori della Repubblica ma se lo è cucito addosso – dopo sei mesi lo ha anche decorato con l’Ordine al merito della marina, forse perché aveva già l’Ordine dell’esercito e quello dell’aviazione. Certo, il rapportone-Covid ha fatto il giro del mondo ed è pesantissimo, molto più del solito. Ma è difficile che il suo procuratore lo porti all’impeachment.

CON LE ELEZIONI l’anno prossimo, e contro Lula che lo doppia nei sondaggi, ora O Capitão corre ai ripari, con misure trumpiane (già parla di brogli elettorali) e lauriste (contributi a pioggia). Le seconde potrebbero far sballare i conti pubblici del Brasile e mettere in crisi il suo ministro dell’economia Paulo Guedes, già travolto al caso Pandora Papers. Celebrato minimizzatore del Covid, Guedes ha scampato il rapportone, ma potrebbe subirne il contraccolpo.