Alla prova del voto dopo quattro anni di governo del sindacato unico dei magistrati – i primi quattro anni senza l’antagonista storico, Berlusconi, a palazzo Chigi – le toghe di sinistra risultano sconfitte. Riunite nella lista di Area come quattro anni fa, le «toghe rosse» perdono nel complesso tra il 18 e il 20 per cento dei voti – le elezioni per il rinnovo del parlamentino dell’Associazione nazionale magistrati si sono chiuse martedì ma mancano ancora i risultati definitivi di Cagliari e Perugia.
Il risultato per la sinistra è doppiamente amaro perché Unicost, la corrente moderata dei magistrati che ha condiviso il governo dell’Anm con Area in questi anni, suo il presidente uscente Rodolfo Sabelli, ha aumentto i voti ed è uscita vincitrice dalle elezioni, alle quali hanno partecipato (in leggera crescita) circa settemila magistrati italiani; l’Anm ne rappresenta poco più di ottomila sui novemila totali.
Novità di questa consultazione, la lista Autonomia e indipendenza nata dalla scissione di Magistratura indipendente, la corrente di destra-centro, non è riuscita nel sorpasso alla lista di provenienza: insieme però le due fazioni hanno aumentato del 50% i voti di centrodestra rispetto a quattro anni fa e assorbito i consensi di Proposta B, uno schieramento che nel 2012 era contro tutte le correnti. Il leader di Autonomia e indipendenza, il giudice ex componente del pool Mani pulite Piercamillo Davigo, ha raccolto su di sé un buon consenso, anche se non eccezionale come molti prevedevano – curiosamente è andato meno bene proprio a Milano e in Cassazione, dove è consigliere da oltre dieci anni.

Tra i 36 componenti del nuovo comitato direttivo centrale dell’Anm, Area ha eletto il sostituto procuratore di Roma Eugenio Albamonte, il giudice della sezione famiglia di Napoli Stefano Celentano, il sostituto procuratore di Milano Luca Paniz, il pg di Cassazione Luigi Orsi (che ha da poco lasciato la procura di Milano dov’era in polemica con l’ex procuratore Bruti Liberati), il capo dell’ufficio gip di Lecce Alcide Maritati (figlio dell’ex senatore e sottosegretario Alberto), Titti Potito, giudice del tribunale di Bari. Nelle altre liste, premiati Corrado Cartoni, giudice civile a Roma per Mi, Giuliano Caputo, sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere per Unicost e – assieme a Davigo, unico tra tutti i candidati a superare quota mille preferenze, con un boom a Napoli – Alessandro Pepe, giudice del tribunale di Napoli, per Autonomia e indipendenza.
In piena campagna elettorale, la lista di Davigo, all’opposizione con Magistratura indipendente, ha promosso per la prima volta un referendum consultivo all’interno dell’Anm, chiedendo la definizione di carichi massimi di lavoro per i magistrati e sette giorni di sciopero di protesta contro la scopertura degli organici. Battaglie marcatamente sindacali che hanno gonfiato il malcontento verso la giunta Unicost-Area, assieme all’accusa di collateralismo con il governo Renzi e il ministro Orlando. Magistratura democratica e gli ex «verdi» del Movimento per la giustizia, riuniti in Area, hanno pagato questa situazione più di Unicost: il risultato delle urne rende improbabile la riproposizione della stessa alleanza.
«Paghiamo difficoltà di lavoro sul territorio e lo spostamento della magistratura verso richieste schiettamente sindacali», è la prima analisi di Titti Potito, secondo la quale «le ferie non sono tutto, nel senso che noi non siamo lavoratori come gli altri visto che maneggiamo i diritti dei cittadini, una migliore organizzazione ha senso se è funzionale a una migliore giustizia». Ma Area sconta anche qualche errore tattico, secondo Luca Paniz: «Sbagliando ci siamo schierati contro i referendum definendoli demagocici, mentre Unicost ha lasciato libertà di voto ai suoi iscritti, riuscendo così a gestire il malcontento da una posizione di governo. Area non è stata appiattita sull’esecutivo, tutt’altro, ma è possibile che in certi passaggi abbia rischiato di dare questa impressione».