Era un seggio Tory da prima del Beowulf (non proprio ma quasi, un paio di secoli) quello perso da Boris Johnson in North Shropshire, Inghilterra centro-occidentale. E finito nelle tasche elettoralmente semivuote dei Liberal democratici nella by-election di giovedì, con la candidata Helen Morgan che ha vinto con quasi 18mila voti e una cospicua maggioranza di quasi seimila sul candidato conservatore. Il fatto che avessero una maggioranza di 23mila rende bene l’entità del ceffone incassato dal partito di Johnson. Che ha detto di assumersi tutte le responsabilità.

Da sempre ricco, curato, Brexit-fanatico (60% per il Leave) verde paesaggisticamente e blu oltremare politicamente, lo sgarbo dello Shropshire è un po’ come se Liverpool disconoscesse i natali ai Beatles. Ma quella dei conservatori era una nemesi politica alacremente guadagnata, con il maleodorante rigagnolo dello sleaze che scola da settimane. A partire dall’elezione suppletiva stessa: la by-election serviva a sostituire l’ex titolare Owen Paterson, travolto da uno scandaletto di lobbying. Aveva ricevuto 500mila sterline da imprese private per tutelarne gli interessi in parlamento. E fin qui, perfino encomiabile. Ma poi il suo partito aveva cercato di cambiare le regole con cui si valuta l’eticità del comportamento dei deputati per salvargli la pelle, un altro segnale di governo in stato di ebbrezza (da hubris) che non è piaciuto nemmeno ai propri sostenitori. Seguito da una rovinosa marcia indietro Tory e dalle dimissioni del Paterson. Vale forse la pena di ricordare le festicciole sotto l’albero mentre il paese giaceva paralizzato dall’emergenza sanitaria? Troppo, anche per dei little Englander fanatici di Brexit. Dare la preferenza a un partito irrilevante come i Libdem e comunque sempre preferibile al Labour è stato un segnale perché «Boris» operi un ravvedimento operoso, la smetta di mentire a raffica e a cincischiare di Peppa Pig.

Dunque i Tories si contorcono nello spasmo della sconfitta. E tuonano ultimatum al loro Falstaff, come ha fatto il deputato senior Geoffrey Clifton-Brown. Ma naturalmente è tutta scena. Dove lo trovano un altro come Johnson? E poi, le suppletive da sempre servono da batosta correttiva al partito di maggioranza solo per fargli rivincere le politiche. E nessuno potrebbe ridargli l’ebbrezza degli ottanta seggi di vantaggio sul Labour del 2019. Se solo Johnson riuscisse ad arrampicarsi sui sondaggi tornerebbe tutto business as usual.

Quanto ai lib-dem di Ed Dawey (chi?), un partito che dai tempi di Keynes non si sa bene cosa significhi a parte la fede (ormai tossica) pro-Remain, carbonizzati dalla coalizione con David «vinco il referendum su Brexit e torno» Cameron e il cui ex-leader Nick Clegg ha rivelato il proprio idealismo di una vita finendo a scrivere veline sotto dettatura di Zuckerberg in qualità di portavoce di Facebook, non rappresentano certo un problema. Anche se mai quanto non lo rappresenta questo Labour targato Starmer.