Dopo lo tsunami elettorale nei due Stati-chiave dell’Ovest, il terremoto politico nella Grande coalizione. Peggio di così ai democristiani tedeschi non poteva andare: la clamorosa doppia sconfitta di domenica nelle urne di Baden-Württemberg e Renania-Palatinato (vinte rispettivamente dai governatori uscenti di Verdi e Spd) fa scoppiare la rissa nel governo federale. Con la Cdu che accusa la Spd di celebrare pubblicamente «due risultati che dimostrano la possibilità di un esecutivo senza l’Union anche a livello nazionale», per dirla con le parole dei co-segretari Spd, Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans, che suggeriscono ai cristiano-democratici di «prendersi una bella pausa tra le fila dell’opposizione».

Si aggiungono alle critiche al fallimentare piano-vaccinazione lanciate alla Cdu dal vicecancelliere Olaf Scholz, pronto invece ad attribuirsi il merito personale dei 10 milioni di nuove dosi di farmaci anti-Covid che arriveranno nelle prossime settimane in Germania. «Come ministro delle Finanze Scholz farebbe meglio a preoccuparsi di fare funzionare il suo dicastero vigilando bene sui ristori. E se ha qualcosa da obiettare sull’operato dei colleghi lo faccia durante il consiglio dei ministri. Oltretutto, i meriti sui vaccini che si attribuisce non corrispondono alla realtà» replica piccatissimo il segretario Cdu, Armin Laschet.

È questo il clima a Berlino all’indomani del voto che ha dissanguato i cristiano-democratici gonfiando le vele soprattutto dei Verdi, veri vincitori delle urne regionali. Nel Baden-Württemberg gli elettori hanno confermato per la terza volta il governatore Winfried Kretschmann: alla conta dei voti domenica sera ha conquistato 1.585.903 schede (32,6%: +2,3% rispetto al 2016) contro il 1.168.745 della candidata Cdu, Susanne Eisenmann (24%: -2,9%). La Spd si è confermata al terzo posto con l’11% dei voti pur perdendo l’1,6% e superando solo di un soffio i liberali (10,4%; +2,1%) e i fascio-populisti di Afd crollati di oltre il 5% rispetto alle scorse elezioni (da 15,1% a 9,7%). La Linke, nonostante la crescita dello 0,6% (fino a 3,5%), non è riuscita a superare la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento.

In ogni caso l’esito segna la fine del governo nero-verde a Stoccarda e l’inizio della prospettiva della coalizione «Semaforo», aperta ieri ufficialmente e senza equivoci dai due segretari Spd: «C’è bisogno di un’alleanza progressista, quindi dobbiamo avviare subito i colloqui esplorativi con i Verdi». Esattamente lo stesso schema della Renania-Palatinato dove la premier uscente della Spd, Malu Dreyer, ha raccolto il 35,7% del consenso (-0,6% rispetto al 2016) mentre la Cdu ha perso il 4,1% (27,6%). I Verdi anche qui hanno fatto registrare il previsto balzo in avanti (+3,9%) con i liberali che arretrano del -0,6% ma rimangono solidi quanto basta a riconfermare il governo «Semaforo».

Proprio come a Stoccarda anche sulle rive del Reno si conferma la pesante caduta di Afd, bloccata a quota 8,2% (-4,3% rispetto a un lustro fa). Per questo Dreyer si definisce «So happy» sui social, mentre aumenta il suo peso politico nel partito tornato a vincere dopo gli anni di batoste elettorali durante le gestioni di Martin Schulz e Andreas Nahles.

Un “risveglio” annunciato dal nuovo programma di sinistra, anche se i socialisti a livello nazionale rimangono inchiodati al 15% nei sondaggi e la strada verso la cancelleria è tutt’altro che spianata dal crollo democristiano, alimentato non poco dal recente scandalo che ha portato alle dimissioni i deputati Georg Nusslein (Csu) e Nikolas Löbel (Cdu) beccati a incassare laute “provvigioni” sulle forniture pubbliche di mascherine.