Scommessopoli, la fiction continua. Stavolta, niente di fatto. Nessun illecito sportivo, prove di tentativi di partite truccate senza i colpevoli. Con tesserati, come il laziale Stefano Mauri, o l’ex genoano Omar Milanetto, che erano finiti in carcere con pesanti accuse nel processo di giustizia ordinaria e che sono quasi immacolati per la giustizia sportiva. La sezione estiva del processo sul calcio scommesse, che fa capo al filone – il quarto – messo in piedi dalla Procura di Cremona, regala l’ennesima puntata di un copione masochista, che copre di ridicolo il calcio italiano.

Sei mesi di squalifica per il capitano della Lazio, Stefano Mauri, una multa da 40 mila euro per la Lazio. Così ha deciso la commissione disciplinare della Figc sulle presunte combine di Lazio-Genoa 4-2 del 14 maggio 2011 e Lecce-Lazio 2-4 del 22 maggio 2011. Per la prima gara – cui è riferita la pena di omessa denuncia inflitta a Mauri – sono stati assolti gli altri imputati: Milanetto, Benassi, Rosati, Zamperini (il contatto, secondo Palazzi, tra il gruppo criminale attivo nel calcio scommesse, noto come «gli zingari» e Mauri) e il Genoa. Per la gara tra leccesi e laziali, due mesi di qualifica a Gervasoni (il grande accusatore di Mauri), quattro al portiere Cassano, sei a Ferrario e Mauri, due anni a Zamperini, più ammende di 20 mila euro al Lecce, oltre a quella comminata alla Lazio per la partita contro i pugliesi. E nessun punto di penalizzazione per i romani, il Genoa e il Lecce. La sentenza di primo grado della commissione disciplinare respinge con perdite l’impianto accusatorio del procuratore federale della Federazione, Stefano Palazzi.

Che presenterà impugnazione per tutte le posizioni, compresa quella del centrocampista laziale. Smontato Palazzi, la Commissione però considera le accuse sulle combine delle gare di Carlo Gervasoni, «precise, coerenti, costanti e spontanee», oltre che «pienamente utilizzabili», perché verificate da riscontri esterni. Ma l’organo giudicante della Figc non si è sbilanciato sulla posizione del capitano della Lazio. Motivo: «Nulla in atti consente di ritenere che egli si sia adoperato per realizzare l’alterazione del match», nonostante si ritenga «provato l’incontro avvenuto il giorno 14 maggio 2011 a Formello (centro sportivo della Lazio) a poche ore dall’inizio della gara Lazio-Genoa», e «provata la ragione dell’incontro», cioé «la volontà del gruppo degli zingari di prendere contatto con Mauri tramite il suo amico Zamperini per proporre l’alterazione della imminente gara su cui avrebbero scommesso ingenti somme».

Per Mauri, il pm federale aveva chiesto la pena di 4 anni e 6 mesi di stop per doppio illecito sportivo, con sei punti di penalizzazione per la Lazio, per responsabilità oggettiva. Quindi, finale in discesa per l’ex centrocampista della Nazionale. Poco più di 12 mesi fa Mauri era spedito in prigione dalla Procura di Cremona per associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva. Ora, avrebbe omesso di denunciare il tentativo di truccare una gara. I due indizi – le telefonate notturne tra Mauri e Zamperini prima della gara Lecce – Lazio e la scheda coperta usata dal laziale – non sono «indici univoci» per la commissione disciplinare, «per lo meno allo stato degli atti», si legge nel dispositivo della sentenza. Quasi mettendo in preventivo novità future. In attesa del prossimo episodio, emerge di nuovo l’esigenza di riformare la giustizia sportiva. E di rivedere la posizione del procuratore Palazzi e dei vertici federali, ormai poco credibili.