Il congresso del Pd, la scissione del Pd, i candidati del Pd? È tutto appeso a Michele Emiliano. È incredibile, ma va così. Il quale dopo aver detto tutto e il contrario di tutto nel week end e sui giornali di lunedì, ieri sera non aveva ancora deciso se andare o no alla direzione Pd di oggi, quella che nominerà la commissione congressuale.

La minoranza bersaniana non andrà, spiega l’uomo-macchina della scissione Nico Stumpo. Anche se per l’annuncio della rottura c’è ancora tempo: «Al momento non si può dire nulla perché niente è ancora consumato». Stessa scelta per il presidente della Toscana Enrico Rossi, nonostante il pressing dei renziani che gli hanno fatto sapere che la sua giunta regionale  potrebbe saltare. Ma dal Nazareno una voce raziocinante nega.

Resta solo il rebus Emiliano. su di lui non v’è certezza. Il suo compagno di scissione Rossi si trattiene a stento: «Emiliano? Mi auguro che con lui si possa andare avanti». Massimo D’Alema, che non lo ha mai particolarmente amato, glissa sull’argomento, ma per «Velina rossa», agenzia  delemianissima, «non c’è nessun cambiamento di scelta da parte del presidente pugliese».

Che però in due giorni si è proclamato scissionista,  ha assicurato di aver convinto Renzi a «sostenere Gentiloni fino al 2018», poi ha detto di «volersi tenere le mani libere», poi ancora giurato di non voler fare «la scissione di D’Alema». E infine ieri in tarda serata ai cronisti ha risposto uno sconfortante: «Non ho ancora deciso». Aspetta, spiega ai suoi collaboratori, che Renzi replichi alle proposte della minoranza, cosa che non ha fatto domenica: ma non  poteva perché nel corso dell’assemblea nazionale il segretario ha rassegnato le sue dimissioni. Emiliano dice di aspettarsi ancora che Renzi dica qualcosa di risolutivo oggi pomeriggio alla direzione.

Ma anche stavolta rimarrà deluso: Renzi non ci sarà, la direzione sarà tenuta da Matteo Orfini. E comunque dal Nazareno le voci che rimbalzano non sono precisamente beneauguranti per  le minoranze in uscita: altro che rallentamento, ora il congresso «si può fare più velocemente», quanto alla scissione «è solo la fuga di alcuni ex leader, la stragrande maggioranza della base non li seguirà».

Anzi, i renziani più entusiasti pensano che con le primarie in aprile  torna possibile persino il voto anticipato al 25 giugno. Ampie smentite dal Nazareno. Eppure il prudente Lorenzo Guerini avverte che «la scissione rende più debole il quadro politico». Affermazione che suona quanto meno sospetta: con la scissione i voti per Gentiloni non diminuiscono, anzi potrebbero persino aumentare su temi specifici con l’apporto degli ex Si: e allora chi davvero indebolirebbe il governo, se non lo stesso Pd?

ùIn attesa delle mosse del pm Emiliano ci sarebbe persino il ministro della giustizia Orlando. Ha offerto la sua candidatura per evitare la scissione, ma troppo tardi, quando  la rottura era andata troppo avanti. Ora sarebbe pronto a prendere la testa della residua area ex ds nel Pd.

Oggi alla camera, prima della direzione, presenterà il suo blog «Lo stato presente», uno strumento in realtà più di «battaglia delle idee» che di battaglia congressuale.

Ma se il presidente della Puglia decidesse di restare nel Pd e sfidare Renzi, potrebbe togliergli una fettina del suo elettorato. Un recente sondaggio dell’istituto Emg sulle primarie Pd dà Renzi oltre il 70 per cento e Emiliano attestato al 10. Nel congresso Pd il  pugliese sarebbe una presenza ingombrante per un eventuale altro candidato antirenziano.

Emiliano a parte, intanto la road map della scissione è quasi pronta. I nuovi gruppi saranno presentati quasi certamente venerdì. Comunque dopo mercoledì, quando l’aula di Montecitorio sarà chiamata a dare un voto di fiducia sul milleproroghe. Evitando così di far esordire gli ex Sel con un voto di fiducia al governo Gentiloni, scontato invece da parte della Ditta&Co. Alla camera saranno circa in 50, fra ex Pd ed ex Sinistra italiana; al senato una ventina.

Il nome più accreditato è «Eguaglianza e libertà», sottotitolo «per il centrosinistra. Una volta compiute le pratiche da regolamento, potrebbero chiedere di fare il loro ingresso ufficiale nella maggioranza di governo. Altro passaggio delicatissimo  per gli ex Sel.

In queste ore si moltiplicano i contatti fra i futuri compagni di partito. Roberto Speranza ieri era a Mestre con Giuliano Pisapia. Confronto caloroso, durante il quale l’ex sindaco ha invitato «a costruire le basi per un cammino comune che non vuol dire rifare un partito unico». Il front-man di Campo progressista, tuttora corteggiato da Renzi, è convinto che la pura adunata degli ex Ds non avrebbe grande appeal. Meglio un movimento.

Preoccupazione comune. E infatti subito dopo l’esordio dei nuovi gruppi in parlamento seguirà una manifestazione «di popolo» del movimento nascente. Ieri Arturo Scotto, capogruppo uscente di Sinistra italiana (al suo posto andrà Erasmo Palazzolo)  ne ha parlato con il presidente di ItalianiEuropei. Per il quale è «imbecille» chi dice sia lui «il regista della scissione del Pd». Anche se per parlare dell’argomento in prima serata Raitre stasera non ha avuto dubbi. Ha chiamato lui: nel programma di Berlinguer, nel senso di Bianca.