Incroceranno le braccia per l’intera giornata di domani i lavoratori dell’Ilva di Taranto, in risposta alla comunicazione della cordata Am InvestCo Italy di venerdì nella quale oltre a confermare i 4 mila esuberi annunciati lo scorso luglio, la cordata che rileverà gli asset industriali del gruppo Ilva in Italia ha reso noto che «non vi sarà continuità rispetto al rapporto di lavoro intrattenuto dai dipendenti con le società neanche in relazione al trattamento economico e all’anzianità». In pratica, i 10 mila lavoratori, su un totale di 14 mila attuali, che transiteranno da Ilva in amministrazione straordinaria ad Am InvestCo Italy attraverso l’ex articolo 47, lo faranno attraverso il Jobs Act e i contratti nazionali senza le tutele dell’articolo 18, con l’azzeramento delle anzianità di servizio e degli integrativi aziendali. Il che significa per l’azienda un risparmio in termini di costo del lavoroo.

E’ questo il vero snodo cruciale della vertenza Ilva, con i sindacati metalmeccanici che non si aspettavano una decisione in tal senso da parte della nuova società. In realtà, l’operazione era stata annusata da qualcuno lo scorso luglio, quando dopo un confronto con il governo, Am InvestCo aveva rivisto al rialzo il numero dei lavoratori che avrebbe occupato: dai 8400 annunciati in un primo momento, ai 10mila di luglio. Ma in quella maggiorazione di 1600 lavoratori salvati dagli esuberi, si nascondeva la decisione di tagliare sul costo del lavoro. Inoltre, in una grande fabbrica come l’Ilva, gli integrativi aziendali giocano un ruolo determinante nel salario di ogni singolo lavoratore: da premio di risultato sino ad arrivare alle ‘comandate’, i turni necessari per far sì che gli altiforni del siderurgico più grande d’Europa non interrompano mai la loro attività rischiando di fermarsi improvvisamente causando un danno irreparabile all’azienda.

Ed è su questo aspetto, oltre al fatto di dover capire in base a quali criteri saranno scelti i 4mila lavoratori in esubero, che si giocherà la partita già a partire da domani, quando in concomitanza con gli sciopero di Taranto, Genova e Novi Ligure, a Roma le organizzazioni sindacali incontreranno al ministero dello Sviluppo economico, i rappresentanti del governo e della cordata Am InvestCo Italy.

I sindacati, in particolare la Fiom Cgil, hanno già annunciato la loro indisponibilità a trattare su queste basi. «Ci attrezzeremo – hanno detto Fiom, Fim, Uilm e Usb di Taranto – per fare dei presidi permanenti e martedì mattina rifaremo un Consiglio di fabbrica e lì decideremo, sulla scorta di quanto succederà lunedì, che cosa fare. Sappiano che noi non rimarremo con le mani in mano». Anche perché, è bene ricordarlo, l’accordo tra nuova proprietà e sindacati è vincolante ai fini della chiusura della vendita.

Da parte sua, il governo ha confermato quanto stabilito lo scorso luglio: nessun lavoratore rimarrà senza copertura reddituale. I 4mila esuberi infatti, oltre ad aver garantiti gli ammortizzatori sociali resteranno in capo ad Ilva in amministrazione straordinaria, che continuerà ad essere guidata dai commissari Gnudi, Laghi e Carruba: si occuperanno delle bonifiche interne ed esterne allo stabilimento di Taranto, utilizzando il miliardo di euro sequestrato alla famiglia Riva già nella disponibilità della struttura commissariale. Il tutto dovrebbe concludersi entro il 2023, data entro la quale Am InvestCo Italy dovrà attuare le prescrizioni ambientali presenti nel Piano Ambientale approvato lo scorso 28 settembre dal Consiglio dei Ministri con un apposito dpcm.

Così come pare essere in discesa anche la strada che porta all’ok sull’intera operazione, sulla quale dovrà esprimersi l’Antitrust europeo. Lo scorso 30 settembre infatti, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, è stato pubblicato il parere preliminare dell’Antitrust, nel quale si legge che “a seguito di un esame preliminare, la Commissione ritiene che la concentrazione notificata possa rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento sulle concentrazioni (che non devono superare il 40% delle quote di mercato, ndr). Ci si riserva la decisione definitiva al riguardo».