Uno sciopero in piena pandemia e con l’opinione pubblica largamente contraria. Ma le lavoratrici e i lavoratori pubblici sentivano la necessità di ribellarsi ad una situazione ormai insostenibile fatta di mancanza di personale e turni infiniti per sopperire. E così ieri lo sciopero è stato partecipato in tutta Italia. Anche le centinaia di migliaia di medici e infermieri che hanno dovuto garantire i servizi nei reparti Covid hanno voluto dimostrare la loro rabbia mostrando la scritta: «Non mi fermo ma protesto», preparati da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl e Pa.

Lo slogan dello sciopero era «Rinnoviamo la Pa» e molti lungo la penisola sono stati i presidi nelle piazze e sotto ospedali, comuni e prefetture.

NON HA MANCATO DI FARSI SENTIRE anche la ministra della Pa Fabiana Dadone che lunedì aveva deciso di convocare i sindacati per oggi. Una convocazione considerata «tardiva»: «La responsabilità dello sciopero è di chi non ha trovato tempo dal 20 ottobre, giorno della proclamazione dello stato di agitazione, per incontrare i sindacati. Convocarci per il 10 dicembre, quando c’erano molti giorni per avviare il confronto prima, è stata una sua scelta», dicono. La ministra conferma «la difficoltà, sotto gli occhi di tutti, di riuscire a reperire un incremento delle risorse», per il rinnovo dei contratti della Pa, come richiesto dai sindacati rispetto allo stanziamento di 400 milioni in legge di Bilancio. «Quello che possiamo fare per andare incontro a chi guadagna di meno è dire che, all’interno dei 400 milioni, che si aggiungono ai 3,2 miliardi già stanziati, i 270 milioni dell’indice perequativo vengano destinati a chi guadagna di meno», afferma Dadone.

PAROLE RITENUTE «inaccettabili» dai sindacati che ricordano come sia «già così per effetto delle scelte che i sindacati hanno fatto nella tornata precedente, introducendo l’elemento perequativo. Lei non se ne era minimamente preoccupata e se non avessimo proclamato lo sciopero anche quelle risorse sarebbero state sottratte dalle buste paga attuali di tutti i dipendenti pubblici», sostengono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl e Pa.
In vista dell’incontro di oggi – a cui dovrebbero partecipare oltre alle categorie del lavoro pubblico anche i segretari generali Landini, Furlan e Bombardieri – la ministra Dadone ha poi cercato di spostare il punto «sulla valorizzazione» del personale»: «Se la questione si riassume soltanto in dare più risorse o non dare più risorse trovo che sia riduttivo anche l’effetto dello sciopero stesso. Si cala la maschera», conclude con un’espressione quanto meno fuori luogo per medici e infermieri.

A DIFENDERE LE RAGIONI dello sciopero torna la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan: «ci sono 350 mila precari, di cui 60 mila nella sanità, le assunzioni sono determinanti per poter riformare la Pa, così come le risorse per poterla innovare. La ministra ha detto tante cose anche contraddittorie. Non ci sono le assunzioni richieste e gli interventi di sicurezza per i lavoratori e le lavoratrici». E «dimentica che i pubblici dipendenti sono stati 12 anni senza rinnovo del contratto», che è «un diritto e va riconosciuto a tutti», ripete.

La Cgil si è limitata ad un tweet: «Investire nella Pa significa sviluppo del Paese e garantire diritti fondamentali. Lo sciopero di oggi non parla solo ai lavoratori del settore, ma a tutti i cittadini. Più occupazione, formazione e sicurezza, rinnovare i contratti per valorizzare il personale».

LA «DIGNITÀ DI LAVORATORI e lavoratrici passa attraverso una redistribuzione della ricchezza e per fare questo serve rinnovare i contratti», sottolinea il segretario generale Uil Pierpaolo Bombardieri. I sindacati chiedono più sicurezza sul lavoro, assunzioni per garantire servizi più efficienti e il rinnovo contrattuale, scaduto già da due anni: «Non siamo eroi a fasi alterne».