La legge che disciplina gli scioperi nei servizi essenziali funziona così bene che oggi le imprese della logistica chiederanno al governo che sia applicata anche al loro settore. Si tratta di una mossa chiaramente strumentale che mira solamente a bloccare i sindacati di base che con i picchetti ai depositi Sda, Gls, Ikea, in questi anni hanno difeso le condizioni di lavoro dei loro iscritti.
La notizia è stata anticipata al convegno organizzato dalla Filt Cgil sul diritto di sciopero. La prima occasione di confronto diretto tra il sindacato e il presidente della autorità di garanzia Giuseppe Santoro Passarelli in un momento molto delicato visto le proposte di legge dei senatori Pietro Ichino e Maurizio Sacconi – quest’ultimo l’ha trasformata addirittura in un emendamento alla manovra – per restringere questo diritto costituzionale costringendo in sostanza i sindacati a tenere un referendum preventivo prima di poterlo indire.
L’altra notizia è allora che, dopo aver ascoltato la ineccepibile relazione della professoressa Carmen La Macchia che, dati alla mano ha smontato le proposte destrorse dimostrando come in Italia si scioperi molto meno che in Germania e in Francia, il Garante – intervistato dai grandi media solo quando arriva qualche sciopero definito «selvaggio» – ha dovuto ammettere che «so benissimo che non esiste l’emergenza sciopero», che «la legge 146 del 1990 è tra le più avanzate», che «nessuno vuole cambiare la legge».
Tutto apposto dunque? Non proprio. Anzi, «il vero problema sono gli scioperi nel Trasporto pubblico locale (Tpl) in due sole città: a Roma e a Napoli due volte al mese stanno diventando una scenografia e danneggiano gli utenti», ha spiegato Santoro Passarelli, allievo mai riconosciuto di Gino Giugni, il padre socialista dello statuto dei lavoratori del 1970. Su questo la commissione e il governo spingono «per un accordo con i sindacati più importanti e più responsabili» entro febbraio. Diversamente il governo interverrà. Un problema però c’è: come intervenire su due sole città e non sulle altre? La strada è quella di accordi locali: a Roma ne è già stato siglato uno che prevede «la ripresa immediata del servizio a fine scioperi».
La Cgil mette dei paletti molto precisi per questo «confronto». Se il segretario generale Filt Alessandro Rocchi ha chiesto al garante dei «troppi scioperi generali di sindacati di base che servono solo per bloccare aziende del Tpl», il segretario confederale Vincenzo Colla è partito ribadendo che la 144 «è una buona legge che ha funzionato e continua a farlo». La vera richiesta della Cgil è una «legge sulla rappresentanza», invitando il garante «a presentare insieme al sindacato un avviso comune per chiedere che la si approvi». La Cgil mette un limite invalicabile alle modifiche: «Si scordino il vincolo del referendum tra i lavoratori, si tratta di un diritto costituzionale e noi lo difenderemo. Se vogliamo impedire che proclami sciopero chi non ha neanche una bacheca sindacale serve che sia pubblico agli utenti il nome dell’organizzazione. E qui sono le imprese che non vogliono perché così possono attaccare tutti i sindacati».