Uno sciopero generale e una manifestazione nazionale a Roma. L’Unione sindacale di base (Usb) si è mobilitata ieri al grido: «Abbassate le armi, alzate i salari». «Questa guerra comporta sacrifici per i lavoratori perché diversi miliardi sono stati investiti nel riarmo e c’è una forte crescita del costo delle materie prime del settore energetico e a cascata dei prodotti di prima necessità. Con un’inflazione che a marzo ha toccato il 6,5% servono misure per alzare gli stipendi e bloccare gli aumenti di bollette e beni fondamentali», dice Guido Lutrario, dell’esecutivo nazionale Usb.

Gli organizzatori parlano di 5mila lavoratori al corteo che si muove da piazza della Repubblica. Ci sono i portuali di Genova, Civitavecchia, Livorno e Trieste, i braccianti del foggiano, gli operai di Ilva, Piaggio, Stellantis e altre fabbriche di Lazio ed Emilia-Romagna e quelli di magazzini e aziende della logistica, da Gls a Zara.

Lo slogan del corteo impresso sulle pettorine, foto di Giansandro Merli

«Siamo venuti da Torretta Antonacci per dire che investire nella terra è meglio che finanziare le armi. Le armi non portano pace ma distruzione», dice Sambary, bracciante di 45 anni nato in Burkina Faso. Quando va bene guadagna 600 euro al mese.

Braccianti agricoli del foggiano, foto di Giansandro Merli

«Aumentano le bollette, ma lo stipendio è sempre quello. Lavoriamo nella logistica a Piacenza, guadagniamo tra 1.000 e 1.200 euro al mese in base ai livelli. 500 se ne vanno di affitto. Il resto non basta a sostenere una famiglia», afferma Haman, 33anni, nato in India.

Operai della logistica piacentina, foto di Giansandro Merli

In piazza ci sono anche tanti studenti di Opposizione studentesca d’alternativa (Osa), che la mattina hanno presidiato il ministero dell’Istruzione contro l’alternanza scuola-lavoro, e i movimenti di lotta per la casa, che attraverso Paolo Di Vetta chiedono di intervenire su emergenza abitativa e carovita «invece di aumentare le spese militari». In fondo al corteo le bandiere di Rifondazione comunista, Potere al popolo e Partito comunista. Presenti anche le parlamentari di ManifestA.

L’altra parola d’ordine della mobilitazione è «variante operaia». «Indica la possibilità della classe lavoratrice di organizzarsi, lottare e cambiare le carte in tavola a padroni e governi», dice il delegato Usb Riad Zaghdane.