La miccia dello sciopero generale del 16 dicembre, indetto da Cgil e Uil contro la legge di bilancio del governo Draghi, è stata accesa dai sindacati della scuola. Saranno loro oggi a ritrovarsi in molte piazze per celebrare il proprio sciopero. Saranno a Roma (con un corteo da Piramide al Ministero dell’Istruzione in viale Trastevere), a Napoli in piazza del Gesù, a Torino in corso Vittorio Emanuele II, e poi Palermo, Catania, Cagliari. E oggi i segretari generali della Cgil e della Uil, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri manifesteranno insieme agli insegnanti, al personale Ata e agli studenti. «La battaglia delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola – affermano Landini e Bombardieri – fa parte di una più ampia battaglia che tutti insieme stiamo portando avanti contro una manovra insoddisfacente, in particolare su fisco, pensioni, politiche industriali, contrasto alla precarietà del lavoro – hanno detto – Lo sciopero è uno strumento di partecipazione democratica, uno strumento per incidere nelle dinamiche sociali, per far crescere la nostra democrazia. Insieme – concludono – si può fare la differenza».

LO SCIOPERO di oggi è stato indetto il 24 novembre scorso da Flc Cgil, Uil scuola, Gilda e Snals ma non dalla Cisl che, com’è accaduto negli ultimi giorni, si è sfilata. Alla protesta si sono uniti anche Cobas e Cub sur che oggi hanno convocato le loro piazze, a cominciare da quella del ministero dell’Istruzione in Viale Trastevere a Roma. Inoltre, allo sciopero generale del 16, indetto da Cgil e Uil nazionali, parteciperanno i lavoratori dell’università, degli istituti Afam, ricerca, scuole non statali e formazione professionale.

LA PROTESTA contro la legge di bilancio da 33 miliardi di euro che prevede per docenti e personale Ata lo 0,62%, poco più di 10 euro a testa in aggiunta agli 87 già stanziati, è partita dalla questione negletta da tutti in Italia, anche se non manca mai nel pauperismo dei talk show: il salario. Gli stipendi dei docenti, per fare esempio, sono tra i più bassi in Europa, 350 euro sotto la media. Il contratto è fermo sostanzialmente da anni. Gli spiccioli alla scuola non andranno nemmeno a tutti, ma a coloro che mostreranno »dedizione» al lavoro. Sembra un dettaglio, ma averlo scritto nella manovra ha prodotto indignazione ha detto Francesco Sinopoli a Il Manifesto (25/11) . È suonato come un’altra umiliazione per un milione di persone già ferite da anni di attacchi, una strategia già conosciuta: quella del bastone per i molti e della carota per i «meritevoli».

SU QUESTA istanza si sono innestate tutte le principali questioni dell’istruzione che non sono affrontate nemmeno dal governo Draghi, ma che sono precipitate in queste ultime settimane, nella più totale indifferenza dei media dominanti. E invece sono state sollevate con forza dagli studenti. Questi ultimi sono all’origine di questo percorso di lotta autunnale. La manifestazione del 19 novembre scorso che abbiamo raccontato è stata la prima rottura dell’ipnosi della pax draghiana su un terreno progressivo, e non libertariano da alt right americana nella singolar tenzone tra presunti «complottisti» e «dittatori». Questo fa innervosire. Si attacca persino l’idea dello sciopero. Siamo alla lesa maestà, signora mia. La democrazia è sospesa. Tale deve restare. Dopo gli studenti i sindacati della scuola hanno arrischiato un passo che non si vedeva forse dalle manifestazioni contro la «Buona scuola» di Renzi nel 2015. Un passo non facile da fare in un clima torbido in cui le argomentazioni profetiche sul governo del tecnocrate politico Draghi si mescolano con il più genuino conservatorismo reazionario delle classi dirigenti megafonati 24 ore su 24. L’Italia oggi assomiglia sempre più a un Draghistan.

GLI EMENDAMENTI promessi ai sindacati da alcune forze della maxi-maggioranza non sono sufficienti, né destinati a una particolare fortuna. «Draghi ha dato come disponibilità da gestire in questa fase non più di 600 milioni per l’universo mondo – ha detto Di Meglio (Gilda) – Noi non comprendiamo perché alla scuola continua ad essere riservato un ruolo marginale in questo paese». ro. ci.