Non in nostro nome, non in nome delle studentesse e degli studenti, non in nome di quella generazione precaria che ha già sfiduciato il Governo del 43% di disoccupazione giovanile, del 17% di dispersione scolastica, delle 50.000 borse di studio in meno. È con questo spirito che abbiamo deciso di aderire allo sciopero generale convocato dalla CGIL e dalla UIL il 12 dicembre, a seguito di un ricco percorso di mobilitazione che dalla mobilitazione nazionale del 10 ottobre ci ha portati prima alla manifestazione nazionale della CGIL del 25 ottobre e poi alla costruzione, nell’ampia coalizione dello sciopero sociale, della manifestazione del 14 novembre.

Una mobilitazione che ha saputo fin da subito individuare la stretta connessione tra le linee guida della Buona Scuola e l’idea di lavoro contenuta nel Jobs Act: le scuole e le università come palestre di precarietà, un welfare che impoverisce e mette sotto ricatto “dalla culla alla tomba”, un lavoro servile senza tutele e diritti. Non solo: gli studenti sono stati i protagonisti di molti conflitti sorti attorno all’approvazione del decreto Sblocca Italia, che svende l’ambiente e la salute dei cittadini ad un’idea arcaica di sviluppo e di sfruttamento del territorio.

Dentro il quadro di accelerazione di un Governo che sta infilando, uno dietro l’altro, diversi provvedimenti in continuità con le politiche degli Esecutivi precedenti, intravediamo un tentativo preoccupante di torsione autoritaria del sistema democratico. Il disconoscimento dei corpi vivi della società, così come l’indifferenza con la quale è stato frettolosamente giudicato il dato dell’astensionismo alle Regionali emiliano romagnole e calabre, o ancora il silenzio colpevole di Renzi sulla situazione esplosiva che una rinnovata guerra tra poveri sta facendo gonfiare nelle periferie delle nostre città, sono segnali inequivocabili.

Una prima risposta, che riteniamo necessaria e urgente, è quella di unire ciò che qualcuno – tanto il Governo quanto le opposizioni razziste e xenofobe – vorrebbe diviso: presunti “garantiti” e “non garantiti”, studenti e lavoratori, italiani e migranti, e via dicendo. Le nostre mobilitazioni non sono state e non saranno mai studentiste, proprio perché hanno l’ambizione di lanciare un messaggio generale, a tutta la società: c’è qualcuno che è più giovane di Renzi, non (solo) anagraficamente, ma perché propone delle soluzioni che non sono quelle di vent’anni fa, fuori dal mantra della flessibilità e dell’austerità.

Il 12, dunque, saremo di nuovo in piazza. Non promuoveremo soltanto cortei e manifestazioni mattutine ma sperimenteremo lungo l’arco della giornata l’estensione territoriale e temporale della mobilitazione. Ci pare che così si possa almeno in parte rispondere a un’esigenza reale, ovvero quella di provare a coinvolgere chi in mattinata non può mobilitarsi, chi non è coperto dal diritto di sciopero classicamente inteso, chi può o vuole contribuire in forma diversa alla riuscita della giornata.

Da Torino a Bari, da Trieste a Pisa, passando per Roma, organizzeremo street parade, dibattiti, presidi, iniziative che possano estendere la portata – e quindi la riuscita – dello sciopero generale, in cooperazione con molte altre associazioni, organizzazioni nazionali e realtà locali. Lo faremo anche insieme alla CGIL e alla sua campagna X Tutti, perché crediamo che, nella crisi e nell’attacco violento che oggi subisce chi prova a costruire opposizione sociale in questo Paese, ricercarsi e connettere le lotte sia una condizione imprescindibile per tornare a vincere, e per ottenere collettivamente più diritti e un futuro degno.

*** Gli autori sono, rispettivamente, portavoce di Rete della Conoscenza, Link – Coordinamento Universitario, Unione degli Studenti (Uds)