Presidio sotto al Miur e sciopero della fame delle maestre e dei maestri riuniti nel Comitato Diplomati Magistrali Abilitati a partire da oggi fino al 3 maggio. Il 2 e il 3 maggio, Anief e Saese hanno annunciato uno sciopero della categoria. Il 3 maggio ci sarà una manifestazione a viale Trastevere a Roma. Protestano contro una sentenza del Consiglio di Stato del 20 dicembre scorso che porterà al licenziamento di 6mila maestre assunte nei ruoli che hanno superato l’anno di prova e di 45mila supplenti a cui scadrà il contratto il 30 giugno.

Sono interessati migliaia di insegnanti delle superiori che avevano strappato un provvedimento cautelare del Tar con l’ammissione con riserva nelle Gae. Gli insegnanti abilitati con il Tfa, e Pas si sono uniti alla protesta e chiedono la riapertura delle GaE a tutto il personale abilitato e condannano il concorso a cattedra ideato con i decreti delegati della Buona Scuola”Allo sciopero della fame aderiscono insegnanti della scuola primaria e delle superiori. «Chiediamo la salvaguardia della nostra dignità e della nostra professione» affermano i docenti coinvolti nella protesta. «Da settimane gli esponenti di Liberi e Uguali avanzano una proposta, che rinnovo anche io oggi: le forze politiche concordino insieme al governo il testo di un decreto per confermare i docenti coinvolti.Serve solo – sollecita Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) – la volontà di affrontare e risolvere questa emergenza». «Il governo si riunisca subito per varare un decreto d’urgenza per sventare il più grande licenziamento di massa della storia d’Italia» sostiene Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia).

Nei confronti dei diplomati magistrale si sta consumando una «intollerabile ingiustizia» «Solo un riconoscimento del diritto degli abilitati all’inserimento in una graduatoria per l’assunzione in ruolo può sanare il caos che il Miur ha contribuito a creare non intervenendo per anni». «Solo la via politica può risolvere la situazione – sostiene Usb Scuola – occorre una soluzione subito, un decreto legislativo d’urgenza per ripristinare la giustizia per tutti. I parlamentari devono prendersi la responsabilità di decidere della vita di questi lavoratori e di queste lavoratrici, a meno di non volere affrontare il primo fallimento».