Mentre i vertici dell’Olp e dell’Autorità Nazionale si riuniscono per fare il punto dopo l’accordo Hamas-Fatah e le reazioni contrarie di Israele e Stati Uniti, i prigionieri politici palestinesi riprendono la lotta contro la «detenzione amministrativa».

Si tratta di una misura, definita da Israele «cautelare», che prevede il carcere per mesi, in qualche caso fino a cinque anni, senza processo e solo sulla base di indizi e considerazioni di sicurezza.

Dal 1967 oggi ha colpito migliaia di palestinesi in aperta violazione del diritto internazionale.
Circa duecento prigionieri politici da giovedì attuano lo sciopero della fame contro questo tipo di detenzione: ottanta a Ofer, sessantacinque a Megiddo e cinquantacinque nel Neghev.

L’anno scorso la detenzione amministrativa era stata portata all’attenzione del mondo dal caso detenuto palestinese Samer Issawi: protagonista di un lungo sciopero della fame durato 277 giorni.
Prima di Issawi, il rifiuto del cibo aveva coinvolto per mesi circa duemila detenuti palestinesi ed era terminato nel maggio 2012 dopo un accordo raggiunto con le autorità israeliane che si erano impegnate a non rinnovare la detenzione amministrativa.

L’accordo è stato applicato solo in parte. Sono circa 5 mila i prigionieri palestinesi sparpagliati in 22 tra carceri e altri luoghi di detenzione israeliani. Tra loro ci sono 200 minori e 19 donne.