Anche alla Disney scioperano. Ieri i giornalisti e i grafici della storica rivista «Topolino» hanno indetto una agguerritissima assemblea sindacale per dire no al «ricatto» legato alla recente cessione dei periodici alla Panini: la multinazionale americana ha infatti siglato qualche giorno fa un preliminare di vendita di tutte le proprie riviste italiane al celebre gruppo modenese del fumetto e delle figurine, ma l’acquirente ha già annunciato che chiuderà la sede milanese, trasferendo tutto nel proprio quartier generale, in Emilia.

E così, imediato, è scattato lo sciopero: «Abbiamo famiglie, figli piccoli: trasferirci da Milano a Modena vuol dire praticamente licenziarci», spiegano i redattori dello storico giornaletto. Che hanno deciso di convocare all’assemblea delegazioni di tutti i dipendenti Disney – tra i 200 e i 300, poco sindacalizzati – che tra store di giocattoli e gadget, produzioni cinematografiche e serie televisive, siti internet e altre attività collaterali animano un mercato ormai ben insediato nel nostro Paese. Il celebre marchio Usa, insomma, è avvisato.

Le riviste cedute sono molte, «Topolino» è solo la capofila più celebre: ci sono i Classici, i Grandi Classici, e altri giornalini legati alle saghe dei paperi e dei topi più famosi del mondo. Ma ci sono anche i cosiddetti prodotti pre-school (cioè per i più piccoli), come Winnie The Pooh. Per non parlare dei giornaletti che nascono in concomitanza della creazione di nuovi eroi cinematografici, dalla Sirenetta a Pocahontas, fino a Monsters&Co, e che magari sopravvivono per anni dopo il successo del film.

«Abbiamo incontrato sia la Walt Disney che la Panini – spiega Guido Besana, vicesegretario generale della Fnsi, il sindacato dei giornalisti – Ed entrambe le aziende hanno riconosciuto che il gruppo dei 22 giornalisti e poligrafici coinvolti è una squadra essenziale al prodotto, affiatata e che deve restare unita. Ma Panini ha concluso l’incontro annunciandoci che chiuderà Milano e che tutti dovranno trasferirsi a Modena». «Noi non ne vediamo il motivo – conclude il sindacalista Fnsi – Per fare dei buoni giornali ormai le distanze non contano più, non c’è nessuna struttura in cui dovrebbero integrarsi i 22 di Topolino, e poi una sede a Milano, coi prezzi correnti, costa meno di un dipendente. Insomma speriamo che Disney e Panini prima della fine dell’estate cambino idea».

La versione italiana di Topolino è nata nel 1932, e nel 1935 è stata acquistata dalla Mondadori, che poi nel 1988 l’ha ceduta alla Disney (da cui comprava i diritti in concessione): l’Italia è l’unico paese in cui Disney ha dipendenti diretti per i suoi periodici, perché i nostri creativi sono davvero unici al mondo. Da sempre, e ancora oggi, vendono nuovi personaggi e storie ad altri paesi: a Francia, Polonia, Danimarca, Germania, tanto per citarne alcuni. Oltre ai 22 che oggi protestano (coinvolgendo però gli altri dipendenti Disney, e così contribuendo a sindacalizzarli), c’è tutto un pool di collaboratori esterni, disegnatori e soggettisti.

Questo è in realtà il secondo sciopero che ricordino alla Disney: il primo fu fatto a inizio degli anni Novanta, ma limitato solo ai giornalisti, per il rinnovo di un contratto. «Le famiglie sono affezionate ai nostri fumetti – dicono nella redazione – Regalano abbonamenti per i matrimoni, le promozioni, la nascita di un bambino». Sostegno agli scioperanti anche dalla Slc Cgil, che organizza i poligrafici.