Mercoledì si sono svolte numerose manifestazioni non autorizzate in diverse città della Nigeria (Abuja, Lagos, Port Harcourt) per ricordare il primo anniversario del movimento #EndSARS e la violenta repressione delle forze di polizia che causò la morte di almeno 10 persone in una manifestazione pacifica a Lagos, nella zona vicina il casello di Lekki.

Le autorità nigeriane non hanno mai ammesso che la strage del 20 ottobre è stata opera dei proiettili delle forze di sicurezza. Al contrario Amnesty International afferma che almeno «56 persone hanno perso la vita nella brutale repressione di questo movimento di protesta senza precedenti nella storia della Nigeria».

LA RIBELLIONE che ha coinvolto, prima sui social media e poi nelle strade, milioni di giovani grazie all’hashtag #EndSARS, che chiedeva lo scioglimento dell’unità Special Anti-Robbery Squad (Sars), nota in tutto il paese per le continue «estorsioni, torture ed esecuzioni extragiudiziali». Proteste così veementi da spingere il governo del presidente Muhammadu Buhari a cancellare la Sars promettendo «giustizia e riforme». Promesse cadute nel vuoto, visto che a distanza di un anno si registrano ancora «morti di innocenti, violenze e corruzione tra le forze di polizia».
«Nulla è veramente cambiato – ha aggiunto all’Afp il ricercatore di Amnesty International Damian Ugwu -: la Sars è stata sciolta, ma sono solo cambiamenti di facciata, nella sostanza le estorsioni, le esecuzioni extragiudiziali, le torture e i maltrattamenti sono ancora all’ordine del giorno».
Come l’omicidio di Monsurat Ojuade ucciso durante una retata della polizia a Lagos lo scorso mese mentre era in casa sua insieme alla famiglia.

Per i giovani del paese più popoloso dell’Africa che si sono mobilitati in massa questo mercoledì, la sua morte è stata l’ennesima conferma del fatto che le loro richieste di cambiamento non sono state ascoltate e che esistono ancora impunità e corruzione.

«Sì, non c’è stata alcuna riforma e la brutalità della polizia continua ad essere una costante – ha detto ad Al-Jazeera Fisayo Soyombo, fondatore della Foundation for Investigative Journalism (Fij) – a causa di un governo corrotto che non riesce e non vuole risolvere il problema della sicurezza della popolazione e dell’impunità delle forze di sicurezza».

POCHI GIORNI PRIMA dell’anniversario, la polizia aveva messo in guardia i manifestanti contro ogni assembramento pubblico, minacciando di «arrestare chiunque avesse disobbedito a questa direttiva». Ma questo non ha fermato la protesta. Che è sfociata in numerosi scontri tra manifestanti e polizia, con lacrimogeni ad altezza d’uomo e secondo quanto riporta la stampa locale «almeno un centinaio di manifestanti arrestati».

Le richieste della piazza restano quelle dello scorso anno. «Vogliamo conoscere i loro nomi e vogliamo che siano processati», gridavano l’altro ieri nelle strade di Lagos.

Una richiesta legata anche al fatto che, secondo un’inchiesta della Bbc che cita in particolare il caso di un ufficiale che ha torturato a morte un giovane nel 2014, «alcuni membri delle Sars non solo non sono stati puniti ma hanno visto le loro carriere progredire».