Puntuale e implacabile come l’orologio del Cremlino che con i suoi rintocchi ricorda il cambio della guardia del picchetto d’onore sulla piazza Rossa, ieri è arrivata la sentenza del tribunale supremo di Mosca che scioglie d’imperio la storica associazione «Per il diritto dell’uomo» presente in oltre 40 città di tutta la Russia. Una misura che getta una pesante ombra sulle prospettive della democrazia nel paese.

L’epilogo era ampiamente previsto dato che era stato proprio il ministero della Giustizia Alexander Kolovanov, qualche tempo addietro, a chiedere la liquidazione della fondazione. Il febbraio scorso «Per il diritto dell’uomo« era stata anche dichiarata dal governo «agenzia straniera che opera nell’interesse di altri Stati». Preludio a una serie di multe milionarie comminate contro l’associazione che si era detta indisponibile a pagarle. Ora il suo fondatore Lev Ponomariov ha dichiarato che si rivolgerà alla Corte europea per i diritti dell’uomo per ribaltare una sentenza da lui definita «un obbrobrio giuridico e un tentativo di mettere la museruola a chi si batte per la democrazia». Il 78enne attivista ha anche confermato che il suo movimento continuerà ad esistere: «Non so ancora in quale forma ma noi ci saremo» ha sostenuto Ponomariov.

Nei prossimi giorni intanto sono previsti dei presidi di protesta nella capitale e non solo. Solo due mesi fa Ponomariov era stato condannato a 25 giorni di arresto amministrativo per essersi appellato su Facebook alla difesa dei diritti dei Testimoni di Geova, fuorilegge nella Federazione dal 2017.

Ponomariov è convinto che la decisione del tribunale di ieri sia legata alla ripresa dell’opposizione in Russia, al nuovo vento che spira a Mosca. In un’intervista concessa al portale Meduza, lo storico dissidente sovietico ha dichiarato: «A Mosca, i giovani sono cresciuti, stanno già diventando liberi e guardano all’Europa. Tra questi, ci sono quelli che sono cresciuti nello stesso modo di quando io ero in terza media: credono che la cosa principale nella loro vita sia il lavoro politico, organizzativo e sociale. Ce ne sono molti e faranno una vita normale nel nostro paese, qualunque cosa accada loro. Saranno spaventati, imprigionati e tuttavia non saranno intimiditi. Sarebbe offensivo pensare alla nazione russa che non può rigenerarsi che sia una “nazione di schiavi”».