Chi sarà il successore di Cristina Kirchner? La presidente argentina termina il suo secondo mandato con un gradimento che supera il 50%, ma non può più ricandidarsi. Gli elettori – 32 milioni di aventi diritto con più di sedici anni – votano domenica. Scelgono il presidente fra sei candidati, vincitori delle Paso, le primarie Aperte, simultanee e obbligatorie che si sono svolte il 9 agosto scorso. Oltre al vicepresidente, i cittadini eleggono 24 senatori, 130 deputati e 43 parlamentari del Mercosur, il Mercato comune del sud. In base ai sondaggi, tre sono i candidati alla presidenza con maggiori possibilità: Daniel Scioli, del governativo Frente para la victoria (Fpv), che alle primarie ha ottenuto il 38%. Il candidato dell’opposizione conservatrice, Mauricio Macri, di Cambiemos (30%) e un rappresentante di centro-destra, Sergio Massa, del partito Unidos por una Nueva Alternativa (Una), con il 20%. In campo vi sono anche Margarita Stolbizer (Progresistas), Adolfo Rodriguez Saa (Compromiso Federal) e il candidato del Frente de Izquierda, Nicolas Cano.

Per passare al primo turno, il futuro presidente deve ottenere almeno il 45% dei voti o arrivare al 40% con dieci punti di differenza dal rivale più vicino, altrimenti si va al ballottaggio, il 22 novembre. Il vincitore assumerà l’incarico il prossimo 10 dicembre. Per le legislative, gli argentini rinnovano la metà dei membri del parlamento per il periodo 2015-2019 e un terzo del senato (24) per il periodo 2015-2021. Si eleggono i senatori delle province di Catamarca, Chubut, Cordoba, Corrientes, La Pampa, Mendoza, Santa Fe e Tucuman. La sicurezza è affidata alle forze armate, che schierano 96 mila effettivi.

Kirchner lascia un paese molto diverso da quello che ha portato alla vittoria del suo defunto marito, il 25 maggio del 2003. Un paese allora stremato dal default del 2001 in cui oltre il 50% della popolazione viveva in povertà. I Kirchner hanno da allora invertito la tendenza applicando un modello di sviluppo basato sull’inclusione sociale, sulla sovranità nazionale e sull’integrazione latinoamericana e caraibica. Dopo la morte del marito, Cristina è stata la prima donna ad arrivare alla presidenza nella regione: «Se nel 2003 mi avessero detto che saremmo stati tutti uniti negli organismi di integrazione regionale, avrei detto che questo era impossibile. E tuttavia è stato possibile, grazie a Chavez e alla sua capacità di trasformare le cose», ha dichiarato nel 2014 a proposito della Celac, il vertice della Comunità degli stati latinoamericani e caraibici che comprende tutti gli stati delle Americhe tranne Stati uniti e Canada. Ed è stata la prima donna a denunciare alle Nazioni unite e al Vertice delle Americhe, a Panama, l’ingerenza degli Usa in America latina. In quell’occasione, ha accusato Washington di proteggere la spia Stiuso, ex capo dell’intelligence, teste chiave nel giallo della morte del procuratore Alberto Nisman, che indagava sull’attentato alla mutua ebraica Amia e voleva portarla in tribunale.

Nessuno si aspetta che l’imprenditore Scioli, candidato kirchnerista benvoluto da papa Bergoglio, qualora riuscisse a imporsi e a tessere le necessarie alleanze si esponga fino a quel punto. Anzi. I messaggi che ha finora inviato tendono a rassicurare «i mercati». In un incontro con i grandi imprenditori, ha detto di comprendere le loro «preoccupazioni». Ha inviato il governatore di Salta, Juan Manuel Urtubey, probabile ministro degli esteri, a spiegare agli investitori Usa che si potrebbe trovare un accordo con i fondi avvoltoio e che le condizioni potrebbero tornare a loro favorevoli se i contraccolpi della crisi internazionale si faranno sentire in Argentina. Per ora, ha ricevuto il pubblico sostegno del miliardario Francisco de Narvaez, uno dei grandi oppositori del kirchnerismo, che fino a giugno correva per Massa.

«Continuità nel cambiamento» è stato lo slogan di Scioli: una sintesi della natura composita e plasmabile del peronismo, che ha dominato la democrazia argentina, e ha consumato al suo interno battaglie politiche e ideologiche. E se Macri è il più chiaro rappresentante del neoliberismo che tornerebbe con la sua elezione, Massa si definisce un peronista, però conservatore. Molti temono che Scioli, portato alla politica dall’ex presidente Menem (ora inquisito per l’Amia) nell’epoca neoliberista del peronismo, ceda al ricatto dei poteri forti. Ma le sinistre confidano sulla maturità dei ceti popolari e spingono sul pedale della Campora, il movimento che ha Cristina Kirchner come referente.