Cresce la tensione lungo la zona di confine di El Guerguerat, nell’estremo sud-ovest del Sahara occidentale, al di fuori del «muro di difesa», o «della vergogna», eretto dal Marocco tra i territori occupati, quelli liberati della Repubblica Araba Democratica Saharawi (Rasd) e il confine con la Mauritania.

Dallo scorso lunedì, infatti, numerosi attivisti saharawi protestano pacificamente per la chiusura dell’unico passaggio terrestre utilizzato dal Marocco «per commerciare illegalmente con l’Africa e depredare le ricchezze del Sahara occidentale (fosfati e prodotti ittici, ndr)». Un accesso diventato di fondamentale importanza in questo periodo, vista anche la chiusura delle frontiere aeree del Marocco e la diminuzione del traffico marittimo a causa della pandemia da Covid-19.

DURISSIMA LA REAZIONE da parte di Rabat che ha inviato decine di veicoli militari e soldati minacciando di «utilizzare la violenza se il blocco non verrà rimosso» e ha accusato il Fronte Polisario – legittimo rappresentante del popolo saharawi – di «insidiare la pace nella regione e di violare l’accordo di cessate il fuoco tra le parti in conflitto».

Il Polisario, al contrario, accusa il Marocco di creare «falso allarmismo» per distogliere l’attenzione internazionale dopo la richiesta dell’Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, di inviare una missione per verificare il rispetto dei diritti nei territori occupati – rifiutata da Rabat – e alla vigilia del rinnovo della missione Minurso che ha sancito, nel 1991, il cessate il fuoco, sul principio «dell’organizzazione di un referendum di autodeterminazione nel Sahara occidentale», da sempre osteggiato dal Marocco.

A SOSTEGNO dell’ennesima protesta pacifica si è espressa anche l’attivista Aminatou Haidar, soprannominata la «Gandhi del Sahara occidentale» e premiata nel 2019 del Right Livelihood Award noto come Nobel alternativo per la pace, che in questi giorni sta subendo un «pesante confinamento domiciliare» da parte delle forze di sicurezza marocchine nella sua residenza di El Ayoun . «Al rifiuto allo sminamento, la violazioni dei diritti umani, i rapimenti, le torture, gli arresti di attivisti – ha dichiarato Haidar – Rabat ha aggiunto l’apertura e l’uso del passaggio illegale di El Guerguerat come ennesimo sopruso che denunciamo all’Onu».

IN UN’INTERVISTA alla televisione pubblica algerina il presidente della Rasd e segretario generale del Polisario, Brahim Ghali, ha affermato che «qualsiasi attacco a un cittadino saharawi equivarrebbe ad una dichiarazione di guerra». Ghali, in previsione del Consiglio di sicurezza dell’Onu di fine ottobre, ha richiesto un cambiamento radicale da parte dell’organismo, accusato di inerzia e di non essere stato in grado di trovare un nuovo emissario per il Sahara Occidentale dopo le dimissioni del tedesco Horst Kohler (maggio 2019) a causa dell’ostruzionismo della Francia, sostenitrice della politica coloniale del Marocco.

«Abbiamo sempre sostenuto la lotta pacifica per i nostri diritti – ha concluso Ghali – ma purtroppo oggi dobbiamo ammettere che il mondo in cui viviamo si muove solo di fronte allo spargimento di sangue e temo che il nostro popolo, soprattutto le nuove generazioni, sarà costretto a farlo per riottenere la sua terra».