«É la prima volta in vita mia che sto per firmare una giustificazione scolastica per i miei figli contenente una lunga, scomoda, lista di fatti scientifici e una biografia dettagliata». Così Holger Gies, professore di Fisica teorica all’Università di Jena, spiega il personale endorsement alle 180 manifestazioni tedesche per la protezione del clima programmate nell’ambito dei Fridays for future.

Come lui altri 12.000 tra medici, docenti, ricercatori, giornalisti scientifici ed economisti di Germania, Svizzera e Austria ieri hanno sottoscritto il maxi-appello di sostegno agli «attivisti dell’ambiente».

TUTTI RIUNITI nel cartello degli «Scienziati per il futuro» di fama mondiale scesi in campo a fianco degli studenti, anzi «dietro» come precisa il luminare di una clinica berlinese dopo aver aggiunto il proprio nome alla lista.

In pratica «chi studia il clima si è schierato, senza se e senza ma, dalla parte di chi protesta» riassume Stefan Rahmstorf dell’Istituto di ricerca sull’impatto ambientale di Potsdam, precisando: «i giovani tedeschi scendono in piazza perché, nonostante le belle parole, i politici non stanno rispettando gli obiettivi climatici».

Fa il paio con il punto tenuto da Eckart von Hirschhausen, medico (e cabarettista) in prima fila alla presentazione ufficiale della dichiarazione congiunta della comunità scientifica tedesca ieri a Berlino: «Il compito di un dottore è proteggere la vita segnalando qualunque pericolo per la salute, e la crisi climatica è la più grande minaccia per l’umanità». Deontologia, insomma, obbligo etico-morale che vale anche per chi si occupa di campi scientificamente distinti ma tutt’altro che distanti.

È IL CASO DELL’ECONOMISTA ambientale Claudia Kemfert che sulle colonne della Neue Presse dettaglia i motivi della sua partecipazione ai «Venerdì per il futuro»: «La giovane generazione è quella che verrà maggiormente colpita dalle terribili conseguenze del cambiamento climatico irreversibile. Una lezione che gli studenti di tutto il mondo sono in grado di comprendere ben prima che la stragrande maggioranza degli adulti apra il libro di testo».

Nessun riferimento esplicito, anche se in Germania è impossibile non tradurre la stoccata diretta a Christian Lindner, segretario di Fdp, da giorni sotto l’attacco della «shit-storm» digitale dopo aver dichiarato che «non ci si può certo aspettare che bambini e adolescenti siano in grado di comprendere il contesto della crisi climatica. Si tratta di una questione per professionisti».

Esattamente loro sono stati i primi a rispondere per le rime: «Proprio in quanto professionisti diciamo a Lindner che la giovane generazione ha ragione» taglia corto Volker Quaschning del Collegio di tecnologia ed economia di Berlino.

UNA REPLICA «SPAZIALE», un po’ come il «messaggio ai miei nipoti» calato sulla Terra dall’astronauta tedesco ospite della stazione internazionale Iss.

Anche se lo «schiaffo» più clamoroso arriva direttamente dalla cancelliera Angela Merkel: dopo il faccia-a-faccia istituzionale con il presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier ha fatto sapere di avere formalmente «accolto i motivi della protesta per una maggiore protezione della clima». Senza contare il placet della ministra federale dell’Ambiente Svenja Schulze secondo cui «è un bene che questa generazione che si presume apolitica apra la bocca e scenda nelle strade» come ha sottolineato nell’intervista alla Bild am Sonntag.

Del resto, la ministra Spd da sempre tiene in tasca la tessera della «Nabu» (l’Unione per la biodiversità e la conservazione della natura) insieme a quella di Slowfood.

Mentre Kevin Kühnert, leader dei Giovani socialisti (Jusos) impartisce un’autentica lezione di democrazia al capo dei liberali: «in Germania le decisioni vengono assunte in istituzioni create per questo scopo. Ma non possiamo relegare la responsabilità a un piccolo circolo illustre».

MENO DIPLOMATICO il professor Rahmstorf che, sempre da Potsdam, ha spedito a Lindner il seguente tweet: «la giovane attivista svedese Greta Thunberg se ne intende assai più del segretario di Fdp del cambiamento climatico e del budget limitato per la lotta alle emissioni».