Angela Merkel incassa ufficialmente l’appoggio della Csu alla sua quarta corsa alla cancelleria federale. Da ieri Mutti è anche la candidata del partito bavarese, che sotterra l’ascia di guerra con la Cdu e fa quadrato intorno alla sola sfidante con possibilità di vittoria il 24 settembre.

È la reazione dell’Union democristiana alla discesa in campo di Martin Schulz decollato negli indici di gradimento, e soprattutto al clamoroso sorpasso della Spd sulla Cdu nei sondaggi. Ieri l’istituto Insa ha rilevato lo storico balzo in avanti dei socialdemocratici che viaggiano a quota 31%: un punto in più di Cdu-Csu che ne perdono tre in due giorni.
Ecco allora il «sostegno unanime a Merkel» confermato ieri a Monaco dal leader cristiano-sociale Horst Seehofer al termine della conferenza stampa congiunta. Senza specificare che ha dovuto piegare la testa, ancora una volta, all’ennesimo Nein della cancelliera sul tetto massimo di 200 mila profughi all’anno. «Sarà la campagna elettorale più difficile della mia vita. Ma anche dopo le elezioni non ho alcuna intenzione di cambiare la mia posizione sui rifugiati» ha avvertito Merkel, vestita non a caso in rosso-mattone, promettendo comunque che la crisi del 2015 «non si ripeterà più».
A queste condizioni, dopo la Cdu a novembre, la Csu si impegna a sostenere la campagna elettorale della cancelliera: unica e ultima possibilità di «riportare i delusi a votare ancora i candidati dell’Union» ammette Seehofer.

È la vera priorità della pax forzata e a tempo tra le due anime democristiane unite dalla lotta per la sopravvivenza, più che obbligata dai sondaggi che certificano l’ascesa di Schulz: il nuovo candidato-cancelliere Spd è assai più gradito del predecessore Sigmar Gabriel; secondo Ard contro Merkel vincerebbe 50 a 34%. Nove punti più di fine gennaio mentre la cancelliera perde ben 7 posizioni. Merito dell’effetto-sorpresa dell’ex presidente dell’Europarlamento ma anche della sovraesposizione mediatica di «Sankt-Martin» salvatore della Spd dalla fallimentare gestione Gabriel. Per questo il via libera definitivo di Monaco alla nuova corsa di Merkel, che apre all’«Europa a due velocità» immaginata dai falchi Cdu-Csu anche e soprattutto per «smontare» Schulz, uomo-immagine della politica di Bruxelles per la maggioranza dei tedeschi.
Ma il nuovo patto Merkel-Seehofer punta in primis a congelare le questioni insolubili. «A febbraio non ha senso definire ogni singolo punto della nostra politica. Ora l’obiettivo principale deve essere solo allargare l’elettorato» è la (nuova) linea morbida del leader Csu, che fino a ieri definiva l’emergenza migranti «trionfo dell’illegalità». Nelle segreterie dei partiti-fratelli sono all’opera gli sherpa per superare, almeno fino al voto, la montagna di differenze che divide i democristiani: dalla Grexit alla Turchia, dagli attentati Isis in Baviera e a Berlino all’emergenza-migranti che ora si prova a risolvere con incentivi al rimpatrio ed espulsioni.

Di fatto l’Union compatta i ranghi in nome dell’incubo di una possibile coalizione rosso-rosso-verde (Spd, Linke e Verdi come in Turingia e a Berlino) a guida Schulz, e per paura dell’inquietante avanzata di Alternative für Deutschland fotografata ieri al 12% su base nazionale. «Più uniti anche in Parlamento» è stato l’appello dei Presidium di Cdu e Csu: vuol dire fine delle baruffe che alimentano il serbatoio di voti populisti, ma anche popolari: ieri la Linke ha raggiunto il 10% nei sondaggi. Si allontana allo stesso tempo lo schema di governo della Cdu con la corrente «realista» dei Verdi che nonostante il clamore delle primarie per il Bundestag ieri hanno toccato il fondo del 7% del consenso nel barometro Insa.