L’annuncio è di ieri, ma era nell’aria da un po’: Martin Schulz abbandona il Parlamento europeo per dedicarsi alla politica in Germania. Dove presto ci sarà un’importante casella da riempire, perfetta per lui: da febbraio servirà un nuovo ministro degli esteri al posto di Frank-Walter Steinmeier, che diventerà presidente della Repubblica. Ma alle viste non c’è solo un’ordinata staffetta fra socialdemocratici alla guida della diplomazia tedesca: la mossa di Schulz potrebbe preludere a una sua candidatura come sfidante di Angela Merkel alle elezioni del prossimo settembre. Tutto dipenderà dal destino dell’attuale leader Spd, il vicecancelliere Sigmar Gabriel, che mantiene stretto riserbo sulle proprie intenzioni.

Il nodo verrà sciolto a fine gennaio, quando gli organismi del partito prenderanno la decisione ufficiale. Stando alle inchieste di opinione, alla Spd converrebbe puntare su Schulz, ritenuto un concorrente più temibile per Merkel rispetto a Gabriel. Dopo quattro anni di governo comune, la figura di Gabriel appare troppo poco alternativa all’attuale cancelliera: nulla di cui meravigliarsi. E la Spd ha un dannato bisogno di distinguersi dalla leader Cdu che piace ormai quasi più a sinistra che non fra i conservatori. Schulz potrebbe essere la persona adatta allo scopo, anche se sui dossier che contano le sue posizioni non divergono in nulla da quelle di Gabriel: la firma del Ceta, il trattato di libero scambio Ue-Canada, l’hanno fortemente voluta entrambi.

Chiunque guiderà i socialdemocratici avrà comunque il difficile compito di risollevarne le sorti: attualmente sono dati al 23%, troppo poco per essere qualcosa di diverso dal partner minore di una coalizione con i democristiani. Che, dal canto loro, stanno indurendosi per riguadagnare i consensi in fuga verso la destra dell’Afd (oggi al 10%).

Il documento che la direzione della Cdu ha varato in vista del congresso in programma tra dieci giorni a Essen sancisce definitivamente la svolta conservatrice e securitaria in tema di stranieri e rapporti con l’Islam. E i bavaresi della Csu proclamano che firmeranno accordi di governo solo se verrà previsto un tetto massimo di profughi da accogliere. Una boutade da campagna elettorale che non potrà tradursi in realtà, perché per fortuna lo vieta la Costituzione, ma che dice molto sullo spostamento a destra del dibattito politico tedesco.