La «mamma» della Germania conta sul buttafuori della Spd, il kapò di berlusconiana memoria. Nel braccio di ferro fra Berlino e Atene, più che Angela Merkel l’autentico interprete della «linea gotica» è Martin Schulz.
Classe 1955, iscritto al partito a 19 anni, consigliere comunale di Würselen (40 mila abitanti nella Renania-Vestfalia) ne diventa borgomastro a soli 31 anni: il più giovane del Land. Una carriera che dal 1984 diventa squisitamente politica: presidente Spd di Aquisgrana, entra nel consiglio nazionale e a fine 1999 nell’ufficio di presidenza. Cinque anni prima debutta a Bruxelles: eurodeputato, poi capodelegazione Spd e nel 2002 vicepresidente dell’Europarlamento. Il 17 gennaio 2012 Schulz viene eletto presidente con 387 voti su 670.

Il 1 luglio 2014 viene confermato al primo scrutinio con 409 voti su 751.

Schulz incarna l’anima perversa della Spd. Calciatore mancato, con un passato da alcolista, libraio a Würselen e appassionato lettore del «Gattopardo», da tre anni è anche cavaliere di Gran Croce della nostra Repubblica.

Il vero Schultz si era rivelato il 25 agosto 2013 dalla tribuna del Meeting di Rimini. Istrionico nei confronti di Josè Manuel Barroso, si era presentato così alla platea ciellina in italiano: «La differenza fra un ministro portoghese e il presidente tedesco dell’Europarlamento? Lui parla perfettamente italiano, io parlo perfettamente…tedesco». Un anno dopo Schulz si è candidato al ruolo di «Merkel della Ue» proprio in base al discorso di Rimini: «L’Europa è un’idea che si basa sul rispetto dei popoli e sulla solidarietà degli uni per gli altri». Bocciato dalle urne come presidente della Commissione Ue, il sussidiario Schulz ora si ritrova sotto il fuoco di fila delle polemiche per le sue dichiarazioni anti-Tsipras nel pieno del referendum di domenica.

In patria, Schulz viene criticato dai giovani Jusos. All’interno del gruppo europeo SD c’è imbarazzo. L’ex ministro Flavio Zanonato twitta di «improvvide dichiarazioni di Schulz che ha chiesto il cambio del governo greco». E nove deputati Gue-Ngl hanno firmato la richiesta di dimissioni: «Nell’ultima settimana si è impegnato a fare campagna per il “sì”, per la caduta del legittimo esecutivo greco e per la sua sostituzione con un governo tecnico filo europeo. Il comportamento di Schultz è stato parziale, brutale, ottuso, e senza precedenti nella storia del parlamento europeo che presiede».

Ma Schulz non molla: nell’intervista concessa a Passauer Neue Presse accusa Tsipras di «giocare politicamente, ritardando le procedure del negoziato». È proprio il buttafuori di Berlino.

Mutti Angela fino a domenica «culla» i Balcani: la cancelliera visita Albania, Serbia e Bosnia (sempre sulla soglia dell’Europa) per marcare che non fa sconti ad Atene.

Der Spiegel in copertina, però, mette già spalle al muro il governo di Große Koalition senza tanti complimenti. Merkel è seduta sulle rovine della Grecia, ma l’immagine rinvia alle donne che «sistemavano» le città tedesche distrutte dalla seconda guerra mondiale. La cancelliera nel titolo è Die Truemmerfrau, «la signora delle macerie», perché se a Bruxelles salta l’euro con la Grexit fallisce anche il governo di Berlino. Il sito Internet è senza appello: «Merkel ha provato a risolvere la crisi con le ricette usate in politica interna: procrastinando e, soprattutto, lasciando che le cose restassero a lungo indefinite. La crisi greca richiedeva sia una forte leadership, sia un programma chiaro. Ma Merkel non era disposta a fornire né l’una né l’altro».