Armin Laschet attacca Olaf Scholz per lo scandalo del riciclaggio che investe il ministero delle Finanze, Scholz accusa Laschet di avere candidato l’ex capo del controspionaggio che passò la mappa dei centri-profughi ad Afd, mentre Annalena Baerbock denuncia l’inattività di entrambi nella lotta al cambiamento climatico.

IL SECONDO CONFRONTO sulla tv pubblica tra i candidati cancellieri di Cdu, Spd e Verdi si svolge come da previsioni senza colpi di scena né stravolgimenti dei sondaggi elettorali.

Alla fine del dibattito l’istituto Infratest-Dimap assegna la vittoria mediatica a Scholz, risultato come il più convincente per il 41% degli spettatori, ben davanti a Laschet promosso solo dal 27%: appena due punti più di Baerbock.

Per 90 minuti il candidato Cdu non è riuscito mai a mettere davvero in difficoltà lo sfidante Spd con i suoi due cavalli di battaglia: l’inchiesta della Procura della Bassa Sassonia sull’Unità informativa finanziaria dipendente dal dicastero guidato da Scholz e il “pericolo rosso” rappresentato dall’eventuale partecipazione della Linke al governo con Spd e Verdi.

«Laschet dipinge un quadro fuorviante: l’indagine giudiziaria riguarda la presunta attività illegale di un singolo funzionario di Colonia» taglia corto Scholz minimizzando il suo ruolo nel caso sotto tutti i riflettori. Prima di rifiutarsi di rispondere a qualunque quesito sulla sua futura squadra di governo, a partire proprio dall’alleanza con la Sinistra.

«Se il ministro delle Finanze del mio Land avesse lavorato come te avremmo un serio problema» insiste Laschet. Ma ormai l’accusa è stata disinnescata da Scholz anche a colpi di body-language: fin dal primo minuto il candidato Spd è apparso calmo e pacato mentre Laschet è sembrato nervoso e ansioso di dimostrare di essere «un cancelliere di cui ci si può fidare», esattamente come Angela Merkel.

MA IL “TRIELLO” – così in Germania è stata battezzata la sfida a tre – ha restituito anche l’immagine di due galli nel pollaio: «Due uomini che si beccano tra loro con accuse prevedibili e attacchi senza un vero vincitore» come riassume il giornalista Martin Schmidt della tv Ard.

IN MEZZO, anche fisicamente, la candidata dei Verdi che ha dato il meglio di sé quando il dibattito si è spostato sul suo terreno.
«Stiamo mancando gli obiettivi climatici e le conseguenze saranno drammatiche. Ma voi due avete dimostrato di non essere orientati alla soluzione, impiegando tutto il tempo solo per darvi la colpa a vicenda» scandisce Baerbock. Con un avvertimento: «Il prossimo governo sarà l’ultimo a poter agire sul riscaldamento globale, quindi la Germania dovrà uscire dal carbone molto prima del 2038. Non possiamo continuare per i prossimi 17 anni come niente fosse».

Per Laschet e Scholz è il punto più ostico: la Corte costituzionale ha bocciato la legge sul Clima varata da Spd e Cdu perché insufficiente. A entrambi, dunque, resta giusto la rassicurazione che i due partiti «stanno prendendo sul serio la crisi ambientale», anche se poi si arroccano in difesa del comune obiettivo: «proteggere le industrie nazionali leader del mercato, in particolare le fabbriche di auto». A sentire Laschet, Vw, Bmw e Mercedes «si stanno adeguando ma la svolta non può funzionare a suon di divieti», mentre Scholz rimane sul vago facendo solo capire che cambiare non sarà una passeggiata: «Stiamo affrontando la maggiore conversione industriale dell’ultimo secolo dopo 250 anni di economia basata su carbone, petrolio e gas». Un po’ poco per sciogliere il nodo in cima alle preoccupazioni dei tedeschi insieme alla pandemia, e quasi un intermezzo per Laschet e Scholz che preferiscono parlare d’altro.

Scholz punta il dito contro Hans-Georg Maassen, ex presidente del “BfV, il controspionaggio federale, noto per la sua vicinanza ideologica ad Afd e candidato nelle liste Cdu, costringendo Laschet a un’imbarazzante presa di distanza: «Sono molto diverso da Maassen e lui dovrà attenersi alla linea che ho stabilito». Infine il socialdemocratico riesce ad appiccicare allo sfidante il bollino dello sconfitto, al punto che Laschet non esclude che «la Cdu potrebbe essere il partner minore di una nuova Groko». L’assist, però, si rivela perfetto per Baerbock, pronta a ricordare che l’unica novità alla cancelleria è lei.