«Un Pd in ottima salute, girerò l’Italia per sostenere tutti i nostri candidati ai ballottaggi». Elly Schlein vede il bicchiere mezzo pieno dopo il primo turno delle amministrative. «Siamo il primo partito in quasi tutte le città dove si è votato». Su 13 capoluoghi, i dem sono primi in 9, dietro Fdi solo a Latina, Teramo e Terni, e dietro alla Lega a Treviso. In particolare, il Pd è primo in alcune città che torneranno al voto il 28 e 29 maggio come Ancona, Pisa, Siena, Vicenza e Brindisi. La media parla di un 16,6%, con punte in alto del 26,6% a Brescia, e in basso del 9,3% a Teramo, dove pure il sindaco Pd Gianguido D’Alberto ha vinto al primo turno.

AI BALLOTTAGGI I DEM andranno in 6 città, esclusa Terni dove il candidato Josè Maria Kenny è rimasto fuori. Tutte sfide che Schlein, che ieri ha tenuto una conferenza stampa, vuole provare a vincere. «Questi numeri ci danno slancio e fiducia per prendere la rincorsa verso i ballottaggi», spiega. «Ci sono i presupposti per vincere, la destra frena, anche chi li ha votati comincia a rendersi conto che sono incapaci nell’attuare il Pnrr, che stanno portando più precariato e indebolendo la sanità e la scuola pubblica».

La leader Pd si dice pronta a stringere alleanze per i ballottaggi, sia col M5S che con l’ex terzo polo. «Con tutte le forze alternative alla destra», precisa il responsabile enti locali Davide Baruffi. Schlein punta in particolare ai voti di chi si è astenuto, di chi è rassegnato, «e non crede più che la politica possa cambiare le sua condizioni di vita». «Dobbiamo arrivare lì dove non siamo ancora arrivati, sarà un percorso lungo per recuperare la fiducia di queste persone».

QUANTO ALLE ALLEANZE per i ballottaggi, Barugfi spiega che «non ci saranno schemi calati dall’alto» e che «metteremo lo stesso impegno in tutte le città». Compresa Brindisi, dove il candidato Roberto Fusco è del M5S. Così come il candidato alla regionali del Molise che si terranno il 25 e 25 giugno, il sindaco di Campobasso Roberto Gravina dei 5S. Un chiaro segnale a Giuseppe Conte: «Noi sosteniamo i candidati che ci paiono più competitivi, al di là del partito cui appartengono». Schlein rincara: «Piena disponibilità a fare iniziative comuni con i leader dei partiti alleati». Cosa che non è accaduta nelle scorse settimane: Conte e Schlein hanno evitato di presentarsi insieme anche quando erano nelle stesse città lo stesso giorno.

BARUFFI FRENA GLI ECCESSIVI entusiasmi e invita alla prudenza: «Non siamo davanti a una svolta politica, ma dopo due sconfitte pesanti come quelle delle politiche e delle regionali in Lombardia e Lazio possiamo dire che questa partita è molto diversa. E che il Pd si conferma come il perno dell’alternativa alle destre».

IL CENTRODESTRA, nella scorsa tornata, aveva vinto 8 città su 13, il centrosinistra solo 5. «Il quadro di partenza non era semplice», spiega Baruffi, «ma abbiamo vinto due città al primo turno, Brescia e Teramo, e andiamo al ballottaggio in sei capoluoghi». Tutte «sfide aperte» e da giocare «fino all’ultimo voto». Compresa Ancona, «dove siamo sotto di 4 punti, ma abbiamo un potenziale espansivo superiore a quello delle destre». E di certo, «in questo primo turno un “effetto Meloni” non si è visto, neanche dove la premier si è impegnata nelle campagne elettorali come a Brescia».

Nel capoluogo marchigiano il candidato delle destre Silvetti è al 45,1%, Ida Simonella del Pd al 41,2%. Ma ci sono altre forze progressiste come il civico di sinistra Francesco Rubini al 6,1% e il candidato 5S Enrico Sparapani al 3,6%.

PER I DEM CI SONO GUAI nella scelta dei vicepresidenti dei gruppi parlamentari. Ieri il secondo rinvio in una settimana delle assemblee dei gruppi parlamentari per indicare i vice di Chiara Braga e Francesco Boccia. Il nodo è la Camera, dove sono emersi dubbi sulla conferma di Piero De Luca, dopo le tensioni tra Schlein e il padre Vincenzo sul terzo mandato in Campania.

Tra i papabili per quel ruolo Valentina Ghio, della sinistra interna. Mentre in Senato c’è da sostituire Alessandro Alfieri, nominato responsabile riforme della segreteria. Per quel ruolo a palazzo sono in corsa il cattolico Alfredo Bazoli e Antonio Nicita, molto vicino all’ex segretario Letta, componente di quell’area di neoulivisti che si è sganciata da Bonaccini.