L’altoforno 2 dell’ex Ilva di Taranto non sarà spento. A stabilirlo il Tribunale del Riesame di Taranto, che ieri ha accolto l’appello dei legali di Ilva in Amministrazione Straordinaria contro la decisione del giudice monocratico, Francesco Maccagnano, di respingere la richiesta di proroga della facoltà d’uso dell’impianto, avendone ordinato lo spegnimento lo scorso 14 dicembre.
Nell’ordinanza di ventuno pagine, il collegio di giudici non ha condiviso le valutazioni del Giudice monocratico Maccagnano, «nonostante l’indubbia consistenza dell’impianto motivazionale della relativa ordinanza», ritenendo invece fondati «i termini essenziali dell’appello proposto da Ilva in amministrazione straordinaria.

Il Riesame ha quindi concesso alla struttura commissariale di ottemperare a tutte le prescrizioni previste a suo tempo dalla Procura nell’arco di un massimo di quattordici mesi. I lavori prevedono l’installazione di diverse macchine che consentano progressiva riduzione del rischio per i lavoratori e l’automazione delle operazioni inerenti il foro di colata. Nel giugno del 2015 infatti, l’operaio Alessandro Morricella perse la vita investito da una fiammata di ghisa incandescente, durante le operazioni in svolgimento presso l’altoforno 2. Sarà ora il dibattimento in corso, presieduto dal giudice Maccagnano, a stabilire se quell’indicente fu dovuto ad un mal funzionamento dell’altoforno oppure ad una procedura rischiosa effettuata in quel momento.

«ALLA LUCE DELLA MIGLIORE scienza ed esperienza del momento storico in cui si scrive, il rischio per i lavoratori dell’altofomo 2 deve considerarsi assai ridotto», si legge nell’ordinanza del Riesame. Lo stesso custode giudiziario Barbara Valenzano ha convenuto «in ordine al fatto che la fiammata che uccise l’operaio nel 2015, avrebbe anche potuto risultare completamente inoffensiva per l’operatore ivi presente, a seconda della posizione assunta, dell’utilizzo dei dispositivo di protezione individuale e del rispetto delle pratiche operative». «Può dunque concludersi che nel prossimo anno – secondo la più pessimistica previsione – il rischio per un operatore presente a ridosso del foro di colata di essere interessato da una fiammata (non necessariamente lesiva) è pari a 0,006 (moltiplicando per mille volte la cifra di 0,006 si arriva infatti ad annoverare 6 eventi)», affermano i giudici dopo aver letto l’analisi di rischio calcolata da due società di consulenza dell’Ilva. Aggiungendo che anche il custode giudiziario ha evidenziato come «la probabilità di altri incidenti sicuramente diminuirà nel futuro quando saranno installate le macchine automatizzate per le operazioni di foratura e tappatura», quelle cioè per cui Ilva ha chiesto la proroga della facoltà d’uso.

LA DECISIONE DEL RIESAME è stata accolta positivamente dai sindacati metalmeccanici, visto che lo stop all’altoforno era stato tra i motivi utilizzati da ArcelorMittal a supporto della decisione di recedere dal contratto di affitto dell’ex Ilva, lasciando la gestione del siderurgico. Fiom, Fim e Uilm chiedono da un lato il rispetto delle prescrizioni e dall’altro di essere convocati dal governo per essere coinvolti nella trattativa in corso tra l’esecutivo e ArcelorMittal che entro il 31 gennaio dovrà portare ad un accordo tra le parti, su un nuovo piano industriale e ambientale. Altrimenti il contenzioso attualmente congelato tra il governo e la multinazionale, confluito nella causa civile presso il tribunale di Milano, proseguirà con tutte le conseguenze del caso.

«È POSITIVO CHE SIA STATO accolto il ricorso concedendo la proroga con facoltà d’uso dell’Altoforno 2. Si scongiura lo spegnimento immediato e si elimina un elemento di incertezza e di instabilità in un quadro già molto complesso», ha commentato Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil. «È importante che la proroga sia subordinata all’adempimento di prescrizioni in tempi precisi. Bisogna capire come questa tempistica si collega al nuovo piano industriale – prosegue -. È sempre più urgente un confronto tra governo, Mittal e sindacati, sapendo che l’assunzione di tutti i lavoratori, resta per noi vincolante in quanto parte di un accordo sottoscritto e approvato dal voto dei lavoratori con il referendum».