Nel discorso sullo stato dell’Unione, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha invitato a far entrare nel dispositivo di Schengen la Romania e la Bulgaria (e, a termine, la Croazia), «se vogliamo rafforzare le frontiere esterne». Ma la Francia sta andando nella direzione opposta: un progetto di legge, per uscire dallo stato d’emergenza il primo novembre prossimo, permetterà alla polizia di effettuare controlli a tappeto alle frontiere, intese per di più non solo come i confini nazionali, ma anche come zone allargate di 20 km attorno a quelle che dal ’93 (abolizione delle dogane) sono considerate «frontiere» internazionali (aeroporti, stazioni, porti), un’area talmente estesa che riguarda circa il 30% del territorio nazionale e il 67% della popolazione.

La sospensione di Schengen, messa in atto con la dichiarazione dello stato d’emergenza nella notte degli attentati del 13 novembre 2015, continuerà sotto un’altra forma, in nome della lotta al terrorismo e alla criminalità internazionale. Alcune disposizioni di controllo verranno recepite nel diritto comune, dando alla polizia poteri più estesi. Le associazioni umanitarie temono che questa legge sia a doppio taglio, contro il terrorismo ma anche per limitare l’immigrazione illegale. Dietro la lotta al terrorismo, si profilerebbe quindi la repressione dell’immigrazione.

Per quanto riguarda le frontiere nazionali, l’obiettivo della nuova legge è soprattutto di permettere i controlli a Ventimiglia, principale punto di entrata di immigrati in Francia. Emmanuel Macron lo ha detto chiaramente di fronte ai prefetti, dopo aver deplorato che «non espelliamo abbastanza»: la nuova legge permetterà «di mantenere i controlli alle frontiere interne, in particolare sulla frontiera franco-italiana».

Il progetto di legge sulla «sicurezza interna e la lotta al terrorismo» andrà in discussione all’Assemblée il 25 settembre. La nuova legge sostituirà lo stato d’emergenza in vigore da due anni. Ma molte disposizioni dello stato d’eccezione entreranno nel diritto comune. Si tratta dell’obbligo dei domiciliari per alcuni «sospetti», delle perquisizioni amministrative (cioè extra-giudiziarie) e della chiusura dei luoghi di culto considerati sospetti. La destra dei Républicains vorrebbe misure ancora più vincolanti, per imporre uno «stato d’emergenza rafforzato» perenne, mentre la France Insoumise denuncia «una fuga in avanti permanente», una «spirale securitaria”, «inutile» e «pericolosa».

Il ministro degli Interni, Gérard Collomb, si giustifica evocando i «dodici attentati» evitati dall’inizio dell’anno, grazie alle misure d’eccezione, che dimostrano che il rischio terrorista resta presente. Macron ha promesso che entro fine anno non ci saranno più bivacchi improvvisati nelle strade di stranieri in cerca di rifugio, oltre a un aumento delle espulsioni. Le associazioni denunciano che sia già in atto una caccia ai migranti, soprattutto a Calais e nei dintorni di Porte de la Chapelle a Parigi, tradizionali punti di concentrazione.