Dopo il rapporto a caldo a poche ore dal voto, ieri gli osservatori dell’Osce ha incontrato la Commissione elettorale turca. Ne abbiamo parlato con la presidente della missione, Tana de Zulueta.

Come hanno giustificato l’approvazione di 2,5 milioni di schede non vidimate?

Abbiamo incontrato il presidente e alcuni componenti della Commissione, tutti giudici e magistrati in carica, una peculiarità del sistema turco. Di fronte alle nostre critiche hanno spiegato i motivi che li hanno spinti a riconoscere come valide le schede non vidimate (decisione che ora è oggetto di ricorso da parte delle opposizioni): si sono appellati al principio costituente della garanzia del voto rispetto ad una limitazione che a loro giudizio sarebbe stata arbitraria.

Naturalmente questa decisione è stata vivamente contestata ma hanno risposto dicendo di non avere più traccia delle schede, di non essere in grado di individuarle perché sono state già contate e non potrebbero essere ricontate. Noi abbiamo segnalato nel nostro rapporto che tale direttiva è stata emanata il giorno del voto, a ridosso dello spoglio, cambiando le regole del gioco a gioco iniziato e in violazione della legge.

Alcune agenzie kurde e società di sondaggi riportano che buona parte delle schede non vidimate sarebbero state utilizzate nei seggi a sud-est, a maggioranza kurda. Elemento che spiegherebbe, dicono, l’inattesa prevalenza del sì in alcuni distretti kurdi.

La nostra è una missione limitata: il giorno del voto non avevamo un gran numero di osservatori, solo 66 in tutto il paese. Per cui non abbiamo avuto la possibilità di fare un’analisi a tappeto del voto, di rilevare queste irregolarità direttamente. Siamo però interessati a queste segnalazioni, soprattutto perché giungono da una delle parti in causa, e ne terremo conto nel rapporto finale.

Avete potuto verificare l’accesso al voto dei cittadini kurdi sfollati durante la campagna militare in corso?

La questione figura nel primo rapporto e sarà presente in quello preliminare: un numero consistente di persone sfollate a seguito del conflitto (le cifre non sono verificabili, ma l’Onu le stima tra 350mila e mezzo milione) e i cui villaggi sono stati rasi al suolo non hanno ricevuto assistenza né indicazioni per registrarsi nel luogo in cui si trovano ora e di cui non sono residenti. Riteniamo dunque che un numero consistente, ma da noi non verificabile, non ha potuto votare. Questo ci è stato confermato da diversi interlocutori locali.

L’Alto rappresentante agli Affari Esteri della Ue Mogherini, dopo aver parlato con lei, ha fatto appello alla Turchia perché cerchi il consenso di tutto il popolo turco e ribadito di essere in attesa del rapporto finale dell’Osce. Dal suo punto di vista qual è il ruolo che ora l’Europa deve svolgere?

L’Unione Europea lavora in collaborazione con l’Osce sui processi democratici nei paesi che osserviamo. Presumo che il nostro rapporto sarà parte del dialogo ancora aperto con il governo turco. Per noi è comunque importante l’appoggio delle istituzioni europee perché rafforza il nostro mandato.

A tal proposito il presidente Erdogan ha definito il vostro rapporto pieno di «critiche politiche».

Il nostro mandato ci impegna all’imparzialità vera, è una metodologia consolidata e sperimentata in Turchia in varie occasioni. Non ho ritenuto opportuno rispondere al presidente: siamo qui su invito delle autorità turche e consegneremo a loro le raccomandazioni come le consegneremo all’Unione Europea, nella speranza che possano essere utili.

Come ha opera l’Osce durante l’elezione?

Siamo qui dal 17 marzo. Abbiamo dispiegato in tutta la Turchia 24 osservatori di lungo termine a squadre di due persone. È un paese immenso, abbiamo coperto 12 località. Ma siamo riusciti a mandare tre squadre nel sud est a maggioranza kurda (a Diyarbakir, Gaziantep e Van), zona estremamente sensibile per quanto riguarda l’accesso alle libertà fondamentali.

La lunga presenza ci ha permesso di monitorare molto di più del semplice giorno del voto, quando si svolge la classica azione di visita dei seggi e l’osservazione di spoglio e trasmissione dei risultati. Ma nelle settimane precedenti abbiamo analizzato il quadro legale e mediatico, la campagna elettorale, l’accesso alle libertà fondamentali necessarie al processo democratico.

In una missione come questa un’analisi di quello che precede il giorno del voto è quasi più importante del voto stesso: abbiamo constatato un vantaggio schiacciante a favore del sì, una presenza massiccia dei rappresentanti del governo e dello stesso presidente su tutti i canali tv. La contesa diseguale è la base della nostra critica.