Da tempo la vicinanza della Cina al nostro mondo è testimoniata anche da report che via via organizzazioni e think tank rilasciano sulla «percezione» che abbiamo in Europa del colosso cinese.

L’opinione del Vecchio Continente è oscillato tra fiducia e timore nel corso del tempo; l’epidemia ha riportato la Cina al centro della scena in modo piuttosto ambiguo: da un lato è il paese dal quale la pandemia ha avuto inizio, dall’altro è l’unico paese ad oggi a considerarsi fuori dalla grave crisi sanitaria ed economica che ha colpito il mondo intero.

Al riguardo non possono non considerarsi come elementi di «suggestione» le invettive trumpiane sul «chinese virus» in grado di fomentare le miriadi di galassie complottiste che si aggirano nel sottobosco della società e del web ma anche la stampa mainstream.

Da oggi è disponibile un report dal titolo European public opinion on China in the age of Covid-19 – Differences and common ground across the continent, prodotto da Ceias, Central Europe Institute of Asian Studies, con la collaborazione di alcune importanti università europee tra le quali c’è anche la Cà Foscari di Venezia.

Il quadro che emerge permette di registrare una generale visione negativa o di sospetto della Cina, con alcune eccezioni raccolte per lo più all’interno dei paesi che costituiscono il cosiddetto gruppo di Visegrad.

Come si legge nel report, «Nel complesso, le opinioni sulla Cina nei paesi esaminati sono prevalentemente negativi, con 10 paesi su 13 che hanno segnalato visioni significativamente più negative che positive. Le popolazioni nell’Europa occidentale e settentrionale tendono ad avere le visioni più negative, l’Est europeo ha opinioni positive mentre l’Europa meridionale e centrale si trovano nel mezzo, pur avendo un parere per ora prevalentemente negativo».

Uno degli aspetti più interessanti del report nasce dalla tempistica, in quanto effettuato a settembre e ottobre 2020 proprio mentre la Cina dimostrava la sua capacità di crescere anche in una situazione di crisi internazionale e l’Europa ripiombava nell’incubo della seconda ondata.

A questo proposito nel report si legge che «Per quanto riguarda l’origine del Covid-19, solo in Svezia più della metà degli intervistati concorda con il consenso scientifico prevalente» sul fatto che il virus abbia origine animale. Analoga posizione si è osservata in Germania, Lettonia, Russia, Francia, Italia e Regno Unito. Ma non dappertutto è così: «In Polonia, quasi la metà degli intervistati pensa che il virus sia stato prodotto artificialmente in un laboratorio cinese e diffuso intenzionalmente a livello internazionale». Una teoria che si riscontra anche in altri paesi, come ad esempio la Serbia.