L’editoriale di Norma Rangeri (il manifesto, 2 febbraio) intercetta i pensieri e lo stato d’animo non solo dei lettori ma di un ben più grande numero di italiani, nemmeno tutti di sinistra.

Un paese soffocato con incosciente euforia da quella stessa classe politica che dovrebbe rappresentarlo e dargli voce e ordine.

Ma chi può rappresentare in realtà chi è solo nominato e non eletto? Come topi in un silos i nostri sedicenti rappresentanti rosicano fino all’ultimo chicco di grano e man mano che il livello si abbassa cominciano a sbranarsi tra loro. Hai voglia a snocciolare lucide analisi della situazione italiana, europea, globale… altroché mosche cocchiere o profeti nel deserto…

Piuttosto testimoni disillusi e consapevoli del destino che ci attende. Nessuna speranza, solo il rispetto per sé stessi e la memoria dei tanti morti che, alle nostre spalle, ci gridano forse la loro maledizione. E il lamento strozzato delle nostre vittime di oggi, lo sguardo timoroso e umiliato dell’anziana signora poveramente ma dignitosamente vestita che giorni fa, in pieno centro di Milano, ha intercettato muta il mio sguardo frettoloso e solo quando le ho rivolto io la parola mi ha domandato, soltanto con gli occhi, un’elemosina. Scene da quadro barocco nel cuore di una delle città più ricche d’Europa.

Sappiamo tutto.

Già anni fa, su queste pagine, Valentino Parlato fu profetico prospettando, sulle basi dell’esperienza europea tra le due guerre, il baratro in cui saremmo precipitati. Ma allora lui e noi eravamo ancora fiduciosi che la buona politica potesse porre un argine.

Non avevamo ancora sperimentato fino in fondo l’inconsistenza della sinistra tutta, dell’Europa, delle classi cosiddette dirigenti; l’acquiescenza dei mezzi di informazione; l’ottundimento elettronico; i giochi di parole della neolingua; gli accordi sotterranei tra avversari teoricamente incompatibili; la radicale stupidità celata dietro boria e arroganza; gli intrighi dei vecchi e l’impotenza dei giovani. La cecità davanti ai molteplici segnali che ci manda la cronaca quotidiana: non occorre il ragazzino di Andersen per svelarci la nudità del re.

La vediamo, la conosciamo come la nostra stessa nudità. Ma nemmeno la tragedia che si sta consumando nel Centro Italia, quella pure sotto i nostri occhi, e non metaforicamente, riesce a farci reagire. Così, non rassegnati e impotenti, muoiono i popoli.