Non sarà probabilmente indolore la decisione di Evo Morales di puntare sull’ex ministro dell’Economia Luis Arce Catacora come candidato presidenziale alle elezioni del 3 maggio, relegando l’ex ministro degli Esteri David Choquehuanca al ruolo di vicepresidente. La decisione «unanime» del Patto di Unità, l’alleanza di organizzazioni indigene e contadine che costituisce la base sociale del Movimiento al Socialismo, era stata infatti diversa: Choquehuanca come candidato alla presidenza e il vicepresidente dei cocaleros del Trópico de Cochabamba, il giovane Andrónico Rodríguez, come suo vice.

LA COPPIA RITENUTA più idonea per dare un rinnovato slancio al Mas, rilanciando il processo di costruzione dello Stato plurinazionale, lasciato a metà dal governo Morales, e la proposta del buen vivir, soffocata dall’opzione per il modello estrattivista. Sacrificando ancora una volta il principio del «comandare obbedendo» sull’altare dell’«obbedire a chi comanda», Morales ce l’ha messa tutta per spiegare la decisione adottata domenica dopo un intenso dibattito con i dirigenti del partito a Buenos Aires: «Abbiamo optato per Luis Arce perché il tema economico sarà fondamentale nella proposta del Mas», ha dichiarato, evidenziando come la coppia Arce-Choquehuanca sia una perfetta «combinazione di conoscenza scientifica e saperi originari».

ARTEFICE DEL “MIRACOLO economico” realizzato dal governo Morales, Arce, attualmente rifugiato in Messico, appare senz’altro come il candidato più accettabile per la classe media, a cui l’ex presidente vuole rivolgersi per tentare di sconfiggere la destra. E anche quello destinato a risentire meno del «razzismo elettorale sofferto dal Mas con Evo», come spiega l’attivista Ollantay Itzamná, sottolineando come il binomio scelto dal Patto di unità fosse, è vero, il migliore ai fini di una rifondazione ideologica del Mas, ma «non necessariamente tale per conquistare la vittoria sotto un governo dittatoriale e razzista».
Tutto dipende, però, da come reagiranno i settori indigeni, spinti gradualmente ai margini del processo decisionale dall’entourage bianco dell’ex presidente, come esplicitamente denunciato dalla Federación Túpak Katari di La Paz, la quale, decidendo di sostenere la candidatura presidenziale di Choquehuanca in maniera «unanime e non negoziabile», aveva raccomandato di restituire la parola alle basi perché discutessero e decidessero «la ricostruzione del processo di cambiamento», senza far calare le decisioni dall’alto. Indubbiamente dolorosa anche la rinuncia ad Andrónico Rodríguez, per di più collocato dai sondaggi al primo posto nelle preferenze degli elettori: «a volte bisogna sacrificarsi per un progetto politico», ha dichiarato Morales, chiedendo ai giovani del Trópico de Cochabamba di «comprendere» la decisione.

CHE LA SFIDA SIA QUELLA di mantenere unito il partito l’ex presidente ne è del resto ben consapevole: non a caso, venerdì, aveva sostenuto un incontro con tre dei quattro pre-candidati – Arce, Choquehuanca e l’ex ministro degli Esteri Diego Pary (Andrónico Rodríguez, assente per motivi di sicurezza, aveva mandato una lettera) – perché firmassero un accordo di unità. Tutti uomini, in ogni caso, a conferma della struttura patriarcale del partito più volte denunciata dai gruppi femministi.