Non si può dare un risultato ancora prima di iniziare a prendere in considerazione un’equazione e nell’equazione complessa delle elezioni del 21 dicembre in Catalogna ci sono ancora diverse variabili incognite.

QUELLO CHE GIÀ È NOTO è che sono elezioni imposte dal governo Rajoy e che sarà una campagna elettorale senza esclusioni di colpi. Sembra esserci la volontà, sia da parte del governo spagnolo sia da parte di quello catalano, destituito e incarcerato o fuggitivo, di convincere le/gli aventi diritto al voto che la scelta è solo fra i sostenitori della dichiarazione unilaterale di indipendenza o le forze che hanno deciso di reprimerla brutalmente, con l’articolo 155 e il rilancio del nazionalismo.

Non stupirebbe ora se, sia da parte degli indipendentisti che da parte di Rajoy, partisse una campagna per il voto utile per dimostrare all’elettorato che è un voto disperso scegliere chi propone un referendum concordato, capace di spingere tutta la Spagna verso un processo costituente da cui nasca finalmente quella Spagna plurinazionale e repubblicana, che proprio comunisti e socialisti non riuscirono a definire con la costituzione del ’78 contro l’Alleanza Popolare di allora.

BATTERE L’IDEA del voto utile non sarà facile. Già il contributo del Psoe che, votando il 155, ha condannando i socialisti catalani del PSC all’irrilevanza, non è d’aiuto. E non lo sono le parole del segretario socialista Sánchez che – come ha detto Pablo Iglesias – si è trasformato nel ventriloquo che parla con la voce dei più conservatori del suo partito.

LA CONTRAPPOSIZIONE indipendentismo-unità di Spagna è sollecitata anche dalle forze indipendentiste e in particolare dall’indipendentismo di sinistra che considera la secessione della Catalogna come condizione necessaria e sufficiente per avviare una transizione repubblicana e anti-capitalista non solo in Catalogna, ma in tutta la Spagna. Far saltare il governo del Partito Popolare che continua il suo discorso trionfalista sull’economia, mentendo sul salario medio che diminuisce per la prima volta dal 2006, per scardinare la Spagna e anche l’Europa liberista.

È UNA CONTRAPPOSIZIONE che delinea scenari aspri dove l’alleanza tra Psoe, Pp e Ciudadanos, in caso di vittoria degli indipendentisti, interverrebbe di nuovo con la repressione, determinando una situazione irreparabile, dimenticando che prigionieri politici e democrazia sono termini incompatibili.

DI FRONTE AL CONTESTO polarizzato Podemos risponde con la sua radicalità democratica fondata sulle scelte da prendere insieme con meccanismi trasparenti, perché le decisioni importanti hanno bisogno di cura e rispetto e trovare una via d’uscita deve essere una responsabilità collettiva.

Così gli oltre 17mila votanti della base di Podem -il Podemos catalano – si sono espressi sul da farsi per le prossime elezioni di dicembre. Per loro l’unica strada politica è ancora la piattaforma di Zaragoza e l’idea del referendum concordato, unica proposta sul tavolo per uscire da questa situazione di stallo, e hanno deciso di confermare la confluenza con il movimento della sindaca Ada Colau, nella lista CatComú-Podem e il suo capolista Domènech.

Per costruire senza perdere tempo, dalla base e con tutti, un paese che non lasci indietro nessuno e riportare al centro dello scontro elettorale la questione sociale finora rimasta oscurata.

La Catalogna oggi ha un terzo della popolazione che vive a rischio povertà ed esclusione, come segnala l’aumento considerevole di suicidi e di uso di antidepressivi. Precarietà, disoccupazione, tagli alla spesa per educazione, sanità e servizi sociali. Nel vortice mediatico concentrato sulla questione catalana è sparito il dato che la maggioranza, in Spagna, vive peggio di 10 anni fa e ha più insicurezza sul futuro. Una insicurezza alimentata anche dalla crisi climatica e ambientale che tra tifoni e ondate di calore terrificanti che questa estate hanno favorito incendi e siccità, ha pregiudicato l’agricoltura e la sua economia.

ILLOGICO È PROPRIO che qualora la dichiarazione di indipendenza unilaterale fosse stata accettata dal governo nazionale, la nuova costituzione catalana sarebbe stata scritta proprio da gran parte dei responsabili di questa situazione sociale. Puigdemont e i partiti di centro destra come il suo PDeCat sono tra i responsabili della frattura sociale, perché hanno praticato la ricetta liberista europea, con la stessa determinazione del governo del PP.

RIPORTARE nelle elezioni in Catalogna le priorità sociali per dare consistenza e rappresentanza a quei segmenti della società che hanno perso la collocazione politica, andare un poco più in là della scelta tra una Catalogna repubblicana e una Spagna monolitica, per scardinare l’egemonia e la corruzione delle destre, per definire una costituzione che dia davvero priorità anche alle politiche sociali e al diritto a decidere e non al finanziamento delle banche.