La mostra fotografica Praga 1968 all’Istituto italiano di cultura, fino all’8 giugno, ripercorre – con le sue immagini tratte dal Centro di ricerca e di archiviazione delle fotografia (Craf) di Spilimbergo – la parabola del 1968 cecoslovacco.

La sezione dedicata agli eventi della Primavera e all’invasione degli eserciti del Patto di Varsavia è stata affidata alle immagini catturate dal ceco Pavel Šticha e dal reporter svedese Sune Jonsson.

Tuttavia, la parte della rassegna che probabilmente susciterà il maggior interesse dei visitatori è quella imperniata sugli scatti dei fotografi italiani Carlo Leidi e Alfonso Modonesi, nell’autunno 1968. I due arrivarono a Praga per documentare (per le riviste Historia e L’Europeo) l’atmosfera sociale e politica nel paese alla vigilia del 50/mo anniversario dell’indipendenza della Cecoslovacchia.

«Arrivammo con visti turistici in un momento in cui non c’erano altri giornalisti occidentali – ha ricordato Modonesi – Sapevamo di essere seguiti dalla polizia: le nostre camere venivano perquisite in nostra assenza. Alloggiavamo nell’hotel dove dormivano anche i piloti di Alitalia, a cui affidavamo ogni sera i rullini per non farceli sequestrare».

IL SERVIZIO, poi ripubblicato dal manifesto con il titolo Autunno di Praga, mostra la Cecoslovacchia in uno spazio di interregno. Dopo il fallimentare tentativo di insediare un governo operaio-contadino fantoccio, i sovietici dovettero mantenere ai vertici i dirigenti della Primavera di Praga.

L’atmosfera che traspira dalle immagini di 50 anni fa è molto lontana da quella di un Paese sconfitto. Gli striscioni continuano a invocare Dubcek – Svoboda, le manifestazioni non autorizzate vengono tollerate, i cittadini si raccolgono intorno ai dirigenti riformisti e i simboli nazionali in implicita contrapposizione ai sovietici.

Ciò è visibile non soltanto nelle manifestazioni, ma anche nel grande stabilimento metalmeccanico della Ckd, dove si tenne i congresso clandestino del Partito comunista cecoslovacco, e nelle campagne. Il luogo simbolo rimane piazza Venceslao: qui, nei giorni di ottobre continuano ad affluire persone per deporre fiori o accendere lumini.

Il periodo immediatamente successivo all’invasione sovietica e prima del processo di normalizzazione portato avanti da Gustáv Husák è il tema più discusso nell’attuale dibattito sulla Primavera di Praga in Repubblica Ceca. Un’impostazione che evidentemente ridimensiona i dirigenti comunisti riformisti, sia sul piano politico che su quello personale e morale. Agli uomini della Primavera viene rimproverato di non aver saputo tener testa ai sovietici (o addirittura di aver tradito il paese) e di aver mandato nel 1969 l’esercito cecoslovacco a reprimere i moti di piazza.

UNICO ASSOLTO, František Kriegel, che non firmò l’intesa con i sovietici. Queste critiche, spesso formulate con il senno di poi, non riflettono l’atmosfera di resistenza e mobilitazione cittadina trasmesse invece, con forza e attualità, dalle fotografie di Leidi e Modonesi. Uno spirito di mobilizzazione civica che nell’Europa odierna non si vede più, ha detto con preoccupazione Modonesi.
Dopo varie tappe, la rassegna potrebbe tornare in Italia: Bologna, Bolzano e Ravenna sarebbero interessate, conferma Walter Liva, coordinatore del Craf.