«Forze oscure vogliono sabotare il processo di pace». Così il presidente colombiano Manuel Santos ha cercato di spiegare un nuovo scandalo sulle intercettazioni illegali rivelato dalla rivista Semana. Secondo il settimanale, settori dell’esercito colombiano hanno spiato i mediatori del governo, che a Cuba cercano una soluzione politica al conflitto armato lungo mezzo secolo: dialogando con la guerriglia delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc). A partire dal 2012, l’intelligence militare ha usato un anonimo negozio nel centro di Bogotà per captare illegalmente le comunicazioni di almeno tre rappresentanti del governo inviati all’Avana: apparentemente all’insaputa di Santos, che ha aperto un’inchiesta.
Intanto, per essere credibile, Santos ha fatto saltare qualche testa: quella del generale Mauricio Ricardo Zuniga, capo dell’intelligence militare dell’esercito e quella del suo omologo Oscar Zuluaga, direttore della Central de inteligencia Técnica (Citec), entrambi rimossi dall’incarico. Ha però rivendicato il ruolo dello spionaggio per la «sicurezza». Non per niente è stato ministro della Difesa di Alvaro Uribe, che ha governato dal 2002 al 2010. Un periodo in cui la Cia ha avuto mano libera per dirigere gli omicidi mirati dei dirigenti della guerriglia, come ha rivelato una recente inchiesta del Washington Post. E durante la presidenza Santos – che aspira a un nuovo mandato nelle prossime elezioni di maggio – le eliminazioni dei comandanti Farc sono aumentate in modo esponenziale.
Dall’Avana, la guerriglia ha accusato Uribe di aver lanciato questo nuovo siluro contro le trattative «Non dimentichiamo che è il nemico pubblico numero 1 della pace in Colombia», ha detto il mediatore Ivan Marquez, ricordando che anche all’Avana la sua delegazione è stata spiata illegalmente dall’intelligence militare colombiana. Uribe, che si presenta per il Senato alle legislative del 9 marzo, non è nuovo a questo genere di imprese. Durante la sua presidenza, venne fuori che faceva spiare e seguire giornalisti, politici, magistrati e personalità pubbliche contrarie al suo governo: propabili candidati al cimitero, visto il numero di oppositori eliminati dall’esercito o dai suoi amici paramilitari.
In questi giorni, il responsabile di Canal Capital, Hollman Mirris, ha denunciato di aver ricevuto minacce di morte, e sabotaggi al canale televisivo. Denunce analoghe ha presentato il sindaco di Bogotà, Gustavo Petro, che Uribe vorrebbe far fuori dall’incarico con una sentenza per malversazione emessa dal suo amico procuratore Alejandro Ordoñez. Le minacce provengono da gruppi paramilitari di estrema destra come gli Urabenos, i Rastrojos, le Aguilas Negras o l’Ejercito Antirestitucion de Tierras. All’Avana, la guerriglia ha posto come condizione essenziale per un cessate il fuoco (non più unilaterale, com’è avvenuto finora, ma bilaterale) proprio la smobilitazione di queste «bande criminali e altre mafie del narcotraffico». Lo scorso 26 gennaio, il vicepresidente Angelino Garzon aveva chiesto pubblicamente alle Farc la firma di un «accordo umanitario minimo» per sospendere le ostilità prima del mondiale di calcio in Brasile che inizia a giugno. La guerriglia ha detto di essere sempre stata disponibile a un cessate il fuoco bilaterale, ma che «la risposta del governo per bocca del ministro della guerra Juan Carlos Pinzon, e di alcuni alti comandi che traggono vantaggio dal conflitto, è stata di rifiuto assoluto».
Lunedì scorso all’Avana è ripreso il terzo ciclo di negoziati, sospeso per lo svolgimento del vertice degli stati latinoamericani e dei Caraibi (Celac), che ha fortemente appoggiato il processo di pace. Sul tavolo, il tema delle droghe illecite e del narcotraffico. Le Farc hanno proposto la legalizzazione delle coltivazioni di coca, marijuana e papavero, la demilitarizzazione delle zone e piani di sviluppo alternativo «per la sovranità e il buen vivir dei poveri delle campagne». Finora si è trovata un’intesa sul tema agrario integrale e sulla partecipazione politica. Potrebbero concretizzarsi anche le trattative con la seconda guerriglia colombiana, l’Eln. Anche il presidente uruguaiano Pepe Mujica e quello dell’Ecuador Rafael Correa potrebbero aggiungersi all’omologo venezuelano Nicolas Maduro come facilitatori.
Intanto il governo ha fatto sapere che, entro il 2021 conta di risarcire con 2 mila 690 milioni di dollari le vittime del conflitto che, secondo un ultimo rapporto, superano i 6 milioni, circa il 12% della popolazione.