Mercoledì pomeriggio un blitz delle forze dell’ordine ha tagliato la corrente elettrica in tutta l’area di via Cupa Perillo, a Scampia, dove vivono circa 800 rom, quasi la metà bambini e minori. Il taglio è avvenuto senza alcun preavviso e non è la prima volta: il campo è abusivo e dalla primavera dell’anno scorso gli interventi si ripetono quasi a scadenza regolare, all’inizio veniva staccata persino l’acqua. Il solo risultato è rendere le condizioni di vita sempre più difficili e persino più pericolose. Gli allacci abusivi, col tempo, vengono ripristinati, nel frattempo ci si arrangia: per cucinare e scaldarsi si usano i bracieri, per i ragazzi diventa complicato studiare. La comunità rom di Cupa Perillo convive pacificamente da oltre trent’anni con gli altri abitanti, i bambini hanno un tasso di scolarizzazione pari a quello dei coetanei, frequentano tutti insieme la scuola Carlo Levi dove stamattina arriverà il corteo di protesta organizzato ieri.

Dal 2009 giace inapplicato un piano del comune di Napoli per i rom: 7,2 milioni di euro già stanziati per strutture transitorie socio-assistenziali, cioè altre abitazioni temporanee, per 409 persone da sistemare in 75 alloggi sottodimensionati. L’area individuata è parte del campo di via Cupa Perillo (la cosiddetta Variante sinistra). Uno spreco di risorse per un piano che lascia fuori metà della comunità e, soprattutto, è provvisorio. La soluzione sarebbe semplice, l’housing sociale: «Scampia vanta esempi di intercultura, inclusione sociale e relazioni tra le persone che sono un vero e proprio modello, unico in Italia, riconosciuto sul livello internazionale – spiega Emma Ferulano, dell’associazione Chi rom… e chi no -. Non è più tollerabile che i cittadini rom siano considerati di serie b e che possano essere privati dei diritti di base, rendendo molto più faticoso il loro inserimento nella “società maggioritaria”».

Al presidio ai cancelli della Carlo Levi è invitata l’intera comunità di Scampia perché l’emergenza abitativa li coinvolge tutti e tutti insieme chiedono una soluzione. A cominciare dal Comitato Vele, che martedì aveva protestato sotto la sede del comune di Napoli per l’ordinanza di sgombero della Vela Celeste, anche in questo caso su input della procura. Si tratta di 159 famiglie di occupanti, oltre 600 persone, che sono subentrate negli appartamenti di uno dei mega edifici progettati da Franz Di Salvo a Scampia negli anni ’60. Dalla Vele Celeste i primi occupanti, assegnatari di alloggi popolari, si sono quasi tutti trasferiti nei nuovi appartamenti realizzati dal comune, un ultimo gruppo di un centinaio di persone attende le consegne finali. Nei vani abbandonati è arrivata una nuova ondata di ’senza casa’ che vivono in condizioni terribili: la vela dovrebbe essere abbattuta così da circa dieci anni non viene fatta alcuna manutenzione, gli allacci alle utenze in molti casi sono abusivi, i cornicioni si sgretolano così come le scale e i ballatoi. L’ordinanza infatti recita: «Sgombero coatto amministrativo per motivi di sicurezza per la pubblica e privata incolumità per gli occupanti della Vela Celeste».

«E’ comunque un tetto sulla testa» urlavano martedì le famiglie in presidio, in attesa di un incontro con il sindaco, Luigi de Magistris, e l’assessore al Patrimonio, Sandro Fucito. Per adesso il comune assicura che non solleciterà l’allontanamento degli occupanti ma sul tema si aspetta un incontro con il prefetto. E’ evidente che c’è un’emergenza e la risposta non può essere semplicemente buttare per strada o allontanare rom e napoletani. La soluzione potrebbe essere il Piano per Scampia: un progetto di riqualificazione del quartiere da 120milioni, presentato dall’amministrazione a Matteo Renzi e ai ministri competenti ma rimasto lettera morta. Il premier dal 14 agosto 2014 non ha più messo piede in città mentre lo scontro istituzionale con il sindaco è progressivamente salito per oltre un anno. Il 26 novembre dovrebbero incrociarsi grazie all’invito dell’Unione industriali di Napoli. Per risolvere l’emergenza abitativa si potrebbero utilizzare anche i fondi europei a disposizione della regione, nell’attesa di una decisione si muovono solo la procura e le forze dell’ordine.