È scaduto venerdì scorso il termine ultimo per presentare alla commissione Ambiente dell’Ue integrazioni al piano per ridurre lo smog. I paesi osservati speciali sono Germania, Spagna, Francia, Ungheria, Italia, Repubblica Ceca, Romania, Regno Unito, Slovacchia: tutti rischiano il deferimento alla Corte di giustizia che porta dritto alle sanzioni economiche.

DA BRUXELLES fanno sapere che i nove stati «hanno presentato ulteriori informazioni» rispetto ai piani sottoposti al commissario Karmenu Vella lo scorso 30 gennaio. Gli atti saranno valutati «entro metà marzo». Il governo italiano può tirare un sospiro di sollievo, la sentenza arriverà dopo le elezioni. Sotto accusa ci sono i livelli delle polveri sottili (Pm10) e del biossido d’azoto (NO2), i paesi membri avrebbero dovuto mettersi in regola, rispettivamente, entro il 2005 e il 2010. C’erano già stati due avvisi all’Italia a febbraio e ad aprile 2017. Il ministro Gian Luca Galletti ha presentato a Bruxelles l’elenco delle cosa fatte: limitazione delle emissioni in campo agricolo; la Strategia energetica nazionale con efficentamento energetico al 28%, energia rinnovabili al 28% e riduzione di CO2 al 33%; certificazione degli impianti a biomasse; l’accordo sul Bacino padano dello scorso giugno, la zona più inquinata d’Italia. Evidentemente azioni non sufficiente a scongiurare la stangata, così il nove febbraio è stata spedita una missiva con l’indicazione delle cifre da investire nei prossimi anni: 5 miliardi di euro complessivi suddivisi in 160 milioni nel Fondo nazionale per l’efficienza energetica; 800 milioni per rottamare le stufe a biomassa; 3,7 miliardi per il rinnovo del trasporto pubblico locale; un programma pilota da 95 milioni per la mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro; accordi di cooperazione per la diffusione del gas naturale per autotrazione. Misure in gran parte già incluse nella Strategia energetica nazionale, approvata lo scorso novembre.

«L’ITALIA SAPEVA da almeno cinque anni che rischiava la multa- spiega Andrea Minutolo, coordinatore Ufficio scientifico di Legambiente – eppure siamo andati avanti con iniziative tampone per affrontare le emergenze senza mai procedere alla soluzione. Si è imposto ai negozi di tenere la porta d’accesso chiusa d’inverno per limitare il consumo delle caldaie. Per il Bacino Padano sono stati varati tre interventi, nel 2013, 2015 e 2017, eppure l’aria continua ad essere inquinata. Nelle città sopra i 50mila abitanti, al quarto giorno consecutivo di sforamento delle Pm10 parte il blocco delle auto più inquinanti, al decimo vengono stoppate anche le Euro 6. Si tratta di misure insufficienti, che intervengono a danno già fatto».

SOTTO ACCUSA c’è il traffico merci su gomma e quello privato. Greenpeace accusa l’Italia di fare il contrario rispetto agli altri paesi: invece di puntare sull’elettrico, l’Italia ha un approccio neutrale che, nei fatti, spinge il Gpl. Tra il 2013 e il 2015 sono stati stanziati 50 milioni per avviare la realizzazione di una rete di ricarica per i veicoli elettrici ma sono stati spesi solo 6mila euro.
«Caldaie, industrie, sono temi che esistono ma vanno risolti nel tempo – prosegue Minutolo – Per aver un impatto immediato bisogna cambiare la mobilità. Londra e Parigi, che pure hanno un trasporto pubblico efficiente, puntano a eliminare il diesel e le auto dai loro centri entro il 2020, non tra dieci anni. Il limite di legge per gli sforamenti di Pm10 è 35 volte l’anno, ma per l’Oms bisogna stare sotto 20 per non avere danni alla salute. L’Italia avrebbe già dovuto puntare sul trasporto pubblico pulito. Incentivare bici e auto elettriche, spingere sullo sharing per eliminare le vetture dalle città, anche con disincentivi come divieti e parcheggi cari. In questi anni i governi avrebbero dovuto finanziare in modo certo e costante un cambio di paradigma della mobilità ma non l’hanno fatto».

La senatrice Loredana De Petris, capolista di Leu nel Lazio, commenta: «La decisione della Germania sui mezzi pubblici gratuiti è un passo importantissimo. Questa è la via che anche l’Italia deve imboccare al più presto».