«È nata la nuova commissione Via-Vas. Sono felice di annunciare che i nuovi 40 commissari sono pronti ad entrare in azione per il bene del Paese». Così festeggiava il ministro dell’ambiente Sergio Costa il 28 agosto scorso. Otto giorni prima, cioè proprio nel giorno delle dimissioni di Giuseppe Conte e della fine del governo 5 Stelle-Lega, aveva firmato il decreto di nomina della commissione che ha il delicato compito di valutare l’impatto ambientale e dunque far procedere o bloccare i progetti strategici e le grandi opere di competenza statale. Da allora sono passati cento giorni. Ma i nuovi commissari «pronti a entrare in azione» non si sono nemmeno insediati. Continuano a lavorare i vecchi. Che sono vecchissimi: gli ha scelti la ministra di Forza Italia Stefania Prestigiacomo nel 2008, sono scaduti nel luglio del 2014 ma restano in carica malgrado abbiano abbondantemente superato la durata massima di otto anni prevista dalla legge. E dunque sono loro che stanno continuando ad approvare tanti progetti in attesa, da ultimo qualche giorno fa anche la delicata variante al gasdotto Tap che mette a rischio i fondali marini davanti alla Puglia.

PER LA NUOVA COMMISSIONE selezionata direttamente da Costa – 40 membri su 1.200 candidati – sembra ripetersi il destino che accompagna da anni questo delicatissimo organismo tecnico. Per due volte, nel maggio 2015 e nel febbraio 2018, il precedente ministro dell’ambiente, Gianluca Galletti, aveva provato a rinnovare i commissari, ma per due volte la Corte dei Conti aveva negato il visto di legittimità ai decreti di nomina. Questa volta il decreto ministeriale di Costa del 20 agosto scorso non è stato neanche trasmesso, assieme alle accettazioni dell’incarico, alla Corte dei Conti. Di conseguenza non è stato registrato e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale: è privo di effetti. È rimasto nei cassetti del ministero, dove si sussurra di ritardi legati a un passaggio di consegne nella direzione del personale, ma non si può dare la colpa al cambio della guardia al comando: dal Conte uno al Conte due il ministro dell’ambiente è rimasto lo stesso.

«La direzione generale sta verificando che non vi siano situazioni di effettivo conflitto di interessi rispetto ad incarichi ricevuti da soggetti privati negli ultimi tre anni», è la spiegazione ufficiale che arriva dagli uffici del ministro. In realtà l’avviso pubblico del novembre 2018 prevedeva un periodo più breve, due anni, di «assenza di rapporti di consulenza o collaborazione con soggetti giuridici destinatari di atti autorizzativi emanati a seguito di provvedimenti di Via-Vas». Mentre, stranamente, non era previsto altrettanto rigore per il comitato istruttorio che ha selezionato i curricula dei candidati. Il presidente di questo comitato, il professor Gabriele Scarascia Mugnozza «è stato o è attualmente consulente di società ed enti quali Eni, Acea, Terna, Anas» si legge nel sito dell’Università la Sapienza.

In ogni caso l’assenza di conflitto di interessi o di precedenti penali per i commissari è stata autocertificata da tutti i nominati. Probabilmente in maniera insincera perché, a domanda, gli uffici del ministro rispondono che «sono emerse in fase di controllo alcune dichiarazioni apparentemente mendaci di alcuni commissari. Di conseguenza si è ritenuto di dover procedere a verificare tutti casellari giudiziari di tutti i componenti per accertare che non vi siano effettivamente situazioni problematiche».

COMMISSARI che avrebbero mentito sui loro precedenti penali. Quando a escluderli basterebbe un rinvio a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione. Il problema è che questi singoli sospetti stanno bloccando l’intera commissione. Così come la sta bloccando la mancata nomina del presidente, da scegliere tra i 40 commissari. Sempre dal ministero garantiscono che il ministro ha in realtà già individuato chi dovrà guidare la commissione. Eppure il decreto di nomina ancora non si vede.

Tra i commissari scelti da Costa ce ne sono alcuni che non brillano per trascorsi ambientalisti né per particolari competenze in materie ambientali. Ma, come abbiamo già scritto il 30 agosto, risaltano per la vicinanza politica alla Lega, quando non addirittura a CasaPound. Malgrado le nomine siano state fatte dal ministro, grillino, successivamente alla rottura tra 5 Stelle e Lega, anzi nel giorno in cui da quella rottura era scaturita la fine del governo gialloverde. Ora queste nomine politicamente ingombranti, come quelle di tutti gli altri commissari, sono sospese in attesa della Corte dei Conti. E a valutare l’impatto ambientale pensa ancora la commissione Prestigiacomo del 2008.