Le tradizioni rurali cinesi si manifestano nella celebrazione del capodanno, il chunjie, la festa di primavera. Seguendo il calendario lunare nell’antica Cina – per lo più un mondo agricolo dove perfino l’Imperatore era considerato una sorta di capo agricoltore il cui compito era favorire e propiziare i raccolti – i festeggiamenti avvenivano nella nuova fase lunare, tanto da essere chiamato anche «capodanno agricolo».

LE USANZE di allora si ripercuotono anche oggi, nonostante la società cinese sia per lo più urbana e con logiche relazionali ormai completamente diverse dal passato: intanto si utilizza il rosso come colore propiziatorio (nel caso in cui l’anno coincida con il proprio segno è raccomandato portare sempre qualcosa di rosso con sé), si sparano un numero spropositato di botti con il solo intento di fare rumore: il capodanno cinese è anche la cacciata degli spiriti maligni che incombono sulla vita agricola e per far sì che si allontanino è necessario dare vita a tutto quanto si accumula nei giorni precedenti in santa barbare improvvisate in ogni casa. È anche il giorno durante il quale si torna al proprio luogo di origine e si festeggia il nuovo anno consumando una quantità inquietante di cibo (il pesce ad esempio è considerato di buon auspicio).

QUESTO VALE ancora oggi, con centinaia di milioni di persone che di solito si spostano dalle grandi metropoli ai proprio luoghi di origine, affollando stazioni, treni, aeroporti. È forse questa la più grande differenza tra questo capodanno e quelli passati.
A causa del Covid le autorità cinesi hanno espressamente chiesto di non spostarsi, prodigandosi in benefit per chi resta in città (le compagnie telefoniche hanno regalato giga gratis a pioggia).