Il decreto sblocca cantieri non sblocca nulla ma in compenso smantella il ruolo dell’Autorità nazionale contro la corruzione (Anac), apre a pratiche opache e discrezionali del commissariamento, sancisce il ritorno al massimo ribasso, deregolamenta l’assegnazione di subappalti e, come se non bastasse, moltiplica il rischio di infiltrazione delle mafie negli appalti.

LE AUDIZIONi nelle commissioni Lavori pubblici e Ambiente del Senato nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto «sblocca cantieri» ieri sono state interessanti. In particolare la lettura della memoria depositata da Cgil, Cisl e Uil è inquietante e rivela la distanza tra la propaganda e la realtà di un provvedimento al quale il governo Lega-Cinque Stelle ha affidato il compito di rilanciare la «ripresa» che, stando alle previsioni dello stesso esecutivo contenute nel Documento di Economia e Finanza (Def), non sarà affatto «incredibile» (Conte): impatto auspicato sul Pil intorno allo 0,3-0,4%, insieme al quel guazzabuglio normativo ribattezzato «decreto crescita». In realtà, la «crescita» sarà molto contenuta perché questi provvedimenti forse utili per l’effetto annuncio e per impedire che il Pil scenda sotto lo zero. Secondo l’Istat siamo usciti dalla recessione «tecnica» e restiamo in una «sostanziale stagnazione».

È IN QUESTA CORNICE economica che le principlai misure dello «sblocca cantieri» si rivelano a dir poco inefficaci, almeno stando alla logica liberista da «laissez-faire» che lo ispiram come ai tempi della «Legge obiettivo» dei governi Berlusconi.

PER I SINDACATI le modifiche al Codice degli appalti non avranno «alcun impatto immediato sulle opere bloccate» perché interesseranno esclusivamente i nuovi bandi di gara. In pratica, i primi effetti si vedranno tra 4-5 anni. Questo aspetto è decisivo per dimostrare l’inesistenza dell’urgenza, addotta dal governo, per giustificare l’esistenza di un simile decreto. Le norme, infatti, non intervengono sulle opere in stallo ma riguardano regole e tempistiche relative a quelle future.

Lo «sblocca cantieri» che non sblocca nulla rischia invece di portare a conseguenze opposte rispetto a quelle annunciate : il «blocco del sistema degli appalti pubblici». Effetto dovuto all’assenza di un regolamento attuativo e all’attesa di riscrivere le norme necessarie. L’abrogazione dell’obbligo del passaggio al Cipe per l’approvazione delle varianti alle infrastrutture strategiche previste dal vecchio piano della legge obiettivo favorirà «pratiche opache, discrezionali e fuori da ogni controllo preventivo da parte delle stazioni appaltanti e della stessa pubblica amministrazione», A questo si aggiungerà lo smantellamento del ruolo e della funzione dell’Anac come elemento caratterizzante di regolazione, indirizzo e prevenzione per il contrasto alla corruzione e all’infiltrazione delle mafie negli appalti». Un autentico «sblocca porcate» lo ha definito il segretario della Fillea Cgil Alessandro Genovesi il 19 aprile scorso. Una definizione che, al momento, sembra essere calzante.

LE GARE AL MASSIMO ribassopeggioreranno sensibilmente la qualità e la sicurezza del lavoro ha ricordato l’Inail. E danneggeranno i principi della concorrenza. Un doppio colpo ad altri due principi, meramente cosmetici, enunciati dal governo: la lotta contro la precarietà e l’interesse dell’impresa. Quest’ultimo aspetto è stato confermato dall’audizione della Corte dei conti secondo la quale nell’affidamento diretto dei contratti fino a 40mila euro «occorre considerare il rischio di sottrarne al mercato una percentuale significativa, con conseguenti ripercussioni sulla tutela del principio di libera concorrenza». Sul punto è stata chiara la Cna secondo la quale lo «sblocca cantieri» introduce modifiche di carattere peggiorativo «per le piccole imprese» che saranno estromesse definitivamente «dal mercato degli appalti pubblici».

IL CAPITOLO dei commissari ai quali è affidato il compito di «velocizzare» e «sbloccare» è un altro problema. Non solo non è stata presentata una lista ma, secondo il dossier presentato dai tecnici del Servizio bilancio del Senato, causeranno «nuovi oneri a carico degli stanziamenti». Cosa significa? I vasti compiti affidati a queste figure rischiano di aumentare le «richieste di nuovi finanziamenti alla luce di stanziamenti rivelatisi insufficienti». In pratica, un aumento dei costi, non diversamente da quanto di solito. L’impressione che questo «sblocca cantieri» sia un buco nell’acqua è stata avvertita anche nell’intervento di Confindustria che plaude allo stato di eccezione dei poteri sostitutivi immaginati dal governo ma, allo stesso tempo, sostiene la necessità di sbloccare le opere già finanziate, e bloccate, non riscrivere le norme che rischiano di generare un nuovo caos.

DI TUTTO QUESTO poco o nulla è rimasto nelle dichiarazioni dei politici. Ieri Salvini si è limitato a augurare che il parlamento non rallenti questo pasticcio: «Stiamo lavorando per tanti sì. L’Italia non ha bisogno dei no» ha detto. È la stessa retorica del Tav, senza il Tav, sospeso per quieto vivere nel governo. Con lo «Sblocca Cantieri» si blocca la democrazia.