Prima hanno creato l’allarme, ipotizzando lo sbarco (davvero improbabile) di navi di Ong cariche di migranti dal centro del Mediterraneo fino al Tirreno, precisamente al molo 28 del porto di Civitavecchia. Poi hanno detto che il «rischio» era ormai sventato, presentando questo esito come un successo della loro opera dissuasiva. L’annuncio arriva dal sindaco Antonio Cozzolino: «L’hotspot a Civitavecchia non si farà», ha detto ieri, dopo giorni di tensioni xenofobe, allarmi e scenari catastrofici che lo stesso M5S ha evocato e dal quale il sindaco ha dovuto prendere le distanze: «Con certe persone non ci prenderei nemmeno un caffè insieme, siamo per un’accoglienza regolata». Il prefetto Mario Morcone ha ribadito a Cozzolino e Luigi Di Maio, che lo accompagnava al colloquio, quanto trapelato all’indomani del sopralluogo della settimana scorsa: «Erano soltanto venuti a verificare se c’erano le possibilità», ha specificato il sindaco pentastellato.

Lo stesso concetto viene espresso dall’Autorità portuale, che ha condotto l’operazione in rapporto al ministero: «La possibilità che il porto di Civitavecchia possa diventare un hotspot non è stata mai presa in considerazione del ministero dell’Interno». Il fatto che il vicepresidente della camera e candidato premier in pectore scortasse Cozzolino testimonia l’intenzione del M5S di dare rilevanza nazionale al simbolico braccio di ferro tra Civitavecchia e il governo. «Il primo porto turistico d’Italia continuerà a svolgere le sue attività e non ci saranno attività legate all’immigrazione», ha detto Di Maio. Beppe Grillo incassa il risultato, esulta dal blog che rilancia la storia della nazione svenduta allo straniero («Il nostro sindaco sta rappresentando la città a fronte del fenomeno migratorio peggio gestito nella storia») e che ospita il primo contributo del programma di governo sull’immigrazione, a firma della parlamentare europea Laura Ferrara. Si intitola «sbarchi zero» e muove da un assunto: «Nessuno vuole abbandonare la comunità in cui è cresciuto».