«La Francia non può accogliere tutti se non può accogliere bene». Lunedì prossimo l’Assemblea nazionale francese discuterà il nuovo piano del governo sull’Immigrazione e da New York, dove si trova per l’assemblea dell’Onu, Emmanuele Macron anticipa la linea scelta dal governo. Ma le parole del presidente francese si allungano inevitabilmente anche sulla bozza di accordo per il ricollocamento dei migranti siglata alla Valletta tra i ministri dell’Interno di Malta, Italia Francia e Germania, e finiscono con alimentare le perplessità che, a poco più di 48 ore dalla firma, già sono state espresse da più parti sulla reale fattibilità degli impegni presi.
Sarà il vertice dei ministri dell’Interno dell’Ue, fissato per il 7 e 8 ottobre a Lussemburgo, a sciogliere gli ultimi dubbi. Nel frattempo a Bruxelles più di una fonte diplomatica mette in fila tutte le difficoltà presenti nel documento di 5 pagine e 15 articoli siglato sull’isola Stato. A partire proprio dal fatto che tutto il meccanismo di distribuzione dei migranti tratti in salvo nel Mediterraneo si basa sulla volontarietà dei Paesi che decideranno di aderire, volontarietà che però può interrompersi in qualsiasi momento se il flusso degli arrivi dovesse aumentare in maniera decisiva o se le vicende interne di uno Stato – vedi elezioni – dovessero suggerire di farlo.

Altro punto sul quale è facile ipotizzare uno scontro tra i 28 riguarda l’obbligo per uno Stato di far sbarcare i migranti salvati da una propria nave militare. Condizione che sembra pensata apposta in vista di un possibile ritorno all’impiego delle navi da parte della missione europea Sophia, sospeso alla fine dello scorso anno per il rifiuto del governo gialloverde di far arrivare nei porti italiani tutti i naufraghi soccorsi da EuNavFor Med. Dopo mesi passati a litigare su dove far sbarcare i naufraghi, non è scontato che adesso i 28 possano trovarsi improvvisamente d’accordo.

Le parole pronunciate a New York da Macron fanno poi dubitare della reale volontà di Parigi di prendere tutti i migranti che, dopo essere stati salvati da una nave militare, di una ong o da un mercantile, faranno richiesta di asilo, come invece ipotizzato a Malta. Ma l’ostacolo principale potrebbe riguardare la decisione di intervenire solo in aiuto di Italia e Malta privilegiando la rotta del Mediterraneo centrale. Scelta che non è piaciuta a Spagna e Grecia che, al contrario di quanto successo da noi, hanno visto aumentare il numero degli sbarchi: secondo uno studio dell’Ispi, dei 67 mila migranti irregolari arrivati in Europa nell’ultimo anno solo il 13% è sbarcato in Italia, contro il 57% della Grecia e il 29% della Spagna (dove tra un mese e mezzo si vota).

A Bruxelles fanno inoltre notare come aver scelto di intervenire solo sulla Mediterraneo centrale rischia di frammentare ulteriormente il sistema di gestione degli arrivi dei migranti n Europa.

Vista dall’altra parte della barricata, dalla parte cioè di chi salva i migranti, nel documento sono stati inseriti una serie di paletti per le ong. Le quali dovranno impegnarsi a «rispettare le istruzioni impartite dal competente Centro di coordinamento di salvataggio, non spegnere i transponder di bordo, il sistema di informazione automatizzato (Ais) per non inviare segnali luminosi o qualsiasi altra forma di comunicazione» che possa «agevolare la partenza» dei barconi. Ma anche a «non ostacolare le operazioni di ricerca e salvataggio da parte delle navi ufficiali della Guardia costiera, compresa la Guardia costiera libica». Impegni che per l’avvocato Alessandro Gamberini, difensore di molte ong, non rappresentano un problema: «Tutti i controlli vanno bene, perché non faranno altro che confermare la regolarità del lavoro svolto dalle ong», spiega il legale. Per il quale il problema vero è un altro: «Riproporre un ruolo alla Guardia costiera libica, perché tutti sanno che è fortemente inquinata da milizie in combutta con i trafficanti e perché riporta i migranti nei centri di detenzione».