Il G20, che riunisce i paesi che rappresentano complessivamente i tre quarti del commercio mondiale, ha appuntamento al vertice di Amburgo, il 7 e 8 luglio.

Ieri, alla riunione preparatoria a Berlino dei membri europei, le preoccupazioni principali sono state i rapporti tra la Ue e gli Usa di Trump, le divergenze sul riscaldamento climatico e l’applicazione dell’Accordo di Parigi, il ritorno del protezionismo, l’isolazionismo statunitense.

L’ITALIA HA CERCATO di portare l’attenzione dei partner sulla crisi migratoria e sugli sbarchi, uno degli aspetti che dovrebbero interessare il vertice intitolato Shaping an Interconnected World. Ma al di là di una «disponibilità» generica, non ci sono state decisioni di fatto. In ogni caso, se ce ne saranno si dovrà aspettare la riunione informale del ministri degli Interni della Ue, mercoledì a Tallin (l’Estonia ha dal 1° luglio la presidenza a rotazione).

«L’Italia non si è mai sottratta ai propri impegni per il soccorso in mare e per l’accoglienza umanitaria e non intende farlo – ha sottolineato il primo ministro Paolo Gentiloni – ma chiede di discutere del ruolo delle ong, della missione Frontex, delle risorse a disposizione per lavorare in Libia e in altri paesi africani, della possibilità di allargare i nostri programmi». Angela Merkel ha assicurato: «Aiuteremo l’Italia, ci sta a cuore, ma dobbiamo lavorare per una soluzione politica in Libia, non possiamo accettare che in quel paese regni l’illegalità». Emmanuel Macron, che ha assicurato «sosteniamo l’Italia» e ha parlato di «collaborazione esemplare» tra i due paesi (Ventimiglia?), ha però fatto una chiara distinzione: «La Francia deve fare la sua parte» limitatamente a quanto riguarda «l’asilo, per le persone che vogliono un rifugio», mentre «c’è il problema dei rifugiati economici e questo non è un tema nuovo: l’80% dei migranti che arrivano in Italia sono migranti economici, non dobbiamo confondere». Come dire: la Francia ha già i suoi problemi a Calais, dove il discorso «umanitario» di Macron si sta traducendo nella repressione della polizia di Gérard Collomb, ministro degli Interni (è dovuto intervenire il tribunale per permettere alle organizzazioni umanitarie di continuare a fornire cibo e qualche doccia ai migranti che convergono in Francia con l’obiettivo di andare in Gran Bretagna).

«Assicuriamo aiuto all’Italia», ha affermato il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy. Jean-Claude Juncker ha ricordato che «da molto tempo come Commissione siamo convinti che non possiamo abbandonare Italia e Grecia, insieme dobbiamo compiere sforzi per sostenere queste nazioni che sono eroiche». Il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, ha evocato «il documento finale del G20» che «dovrà contenere un riferimento concreto alla lotta contro i trafficanti di esseri umani».

PIÙ CONCRETAMENTE, la Commissione ha precisato ieri che alla riunione dei ministri degli Interni, mercoledì, potrebbe venir deciso «un sostegno immediato all’Italia». La Commissione è pronta a farlo, «incluso un sostanziale aumento dell’assistenza finanziaria». Anche il commissario agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos, dopo aver parlato di «situazione pessima», ha affermato che «la cosa importante è che l’Italia non venga lasciata sola» e ha evocato la possibilità «di nuove soluzioni di aiuto». Ma, nei fatti, non ci sarà una riforma delle regole di Dublino neppure entro l’anno, mentre era stata promessa una soluzione entro il mese di giugno: manca sempre un accordo sulla redistribuzione dei migranti, ci sono discussioni più avanzate sui rimpatri, sul controllo delle frontiere esterne e sulla «dimensione esterna» dell’immigrazione.

AL PARLAMENTO EUROPEO, ieri, è stato raggiunto un accordo su un Piano di investimenti esterni europei destinato all’Africa: 3,3 miliardi di euro, una combinazione di sovvenzioni, prestiti e garanzie finanziarie, che dovrebbero trascinare, come effetto leva, 44 miliardi di investimenti privati, per la riduzione della povertà, l’occupazione, la piccola e media impresa, il cambiamento climatico. La commissione esteri deve approvare l’accordo il 3 luglio, perché passi al voto dell’Europarlamento in seduta plenaria il 6 luglio.