È terminato solo ieri mattina lo sbarco dei 450 migranti bloccati da sabato al largo di Pozzallo sul pattugliatore Protector di Frontex e sulla Monte Sperone della Guardia di finanza. Domenica pomeriggio il premier Giuseppe Conte aveva autorizzato 43 donne e 14 bambini ad arrivare a terra, lasciando gli uomini ancora sulle due navi per proseguire la trattativa con i 27 stati Ue: sabato Malta e Francia avevano accettato di accogliere rispettivamente 50 profughi (stessa cifra per l’Italia); domenica si sono aggiunte Germania, Spagna, Portogallo. Le tre nuove adesioni hanno innescato il via libera allo sbarco, che però è arrivato solo poco prima della mezzanotte. Ieri ha aderito l’Irlanda, che ha accettato di prenderne 20, mentre prosegue il pressing diplomatico su altri stati.

NON TUTTI sono sopravvissuti al viaggio. Il personale dell’Oim ha raccolto le testimonianze dei migranti: «Il peschereccio su cui navigavano era ormai senz’acqua e viveri. Venerdì hanno visto una nave in lontananza, al momento non identificata, e una trentina di loro, nel tentativo di raggiungerla, si sono lanciati in mare. Quattro sono annegati». Erano somali e tra loro c’era un ragazzo di 17 anni. L’aumento dei morti nel Mediterraneo, più di 600 nel solo mese di giugno, non preoccupa il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ieri è tornato ad attaccare Proactiva open arms: «In questo momento ci sono due navi di un’Ong della Spagna in acque libiche, è evidente la complicità con il business dello scafismo. In Italia queste navi non attraccheranno».

LE OPERAZION DI SBARCO sono cominciate poco prima delle tre di notte, tra domenica e lunedì: gli uomini, soprattutto somali ed eritrei, erano in forte stato di denutrizione, molti con ustioni. Tra loro 128 i minori non accompagnati. Uno di essi ha raccontato: «Ero partito con mio padre ma non ce l’ha fatta, è morto durante la traversata del deserto per arrivare in Libia, dove ci siamo imbarcati per arrivare dall’altro lato del Mediterraneo». Ha 15 anni ed è sopravvissuto perché lo hanno aiutato i compagni incontrati durante il lungo viaggio. Un uomo è stato ricoverato per le ferite al piede, il più grave ha una polmonite difficile da curare per l’anemia. Molti hanno la scabbia, quasi tutti sono disidratati e debilitati dalla permanenza nei campi libici: «Gracilissimi, alcuni direi proprio scheletrici – racconta Marco Rotunno, portavoce dell’Unhcr in Sicilia -. Hanno passato un lungo periodo, non meno di un anno, dentro un hangar cioè in un centro di detenzione in Libia. Hanno cicatrici e bruciature». Un bimbo eritreo di un anno e mezzo ha la scabbia, sul corpo diverse cicatrici, sul labbro un’estesa ferita non cicatrizzata: «Lo hanno picchiato in Libia» spiega la mamma. Un’equipe di psicologi, assistenti sociali e mediatori ieri si è occupata soprattutto dei minori. Le ragazze, in particolare, raccontato di essere state rinchiuse per 14 mesi senza poter uscire, hanno difficoltà a camminare e hanno paura di avere «contratto malattie».

L’UNHCR ieri ha duramente commentato il comportamento del governo italiano per aver tenuto i 450 bloccati sulle navi: «Due le costanti di questo sbarco durato due giorni: il sorriso di chi accoglie; i corpi esili, i volti emaciati, frutto di una sofferenza prolungata e ingiusta». L’hotspot di Pozzallo è pieno e la situazione sanitaria difficile, ma trasferirli subito non è possibile: sono stremati e hanno bisogno di riprendersi. Il sindaco, Roberto Ammatuna, commenta: «Ho chiesto un incontro al ministro Salvini per codificare meglio come comportarsi, troppa l’attesa per farli sbarcare. Ci sono stati momenti difficili e complicati che ancora una volta abbiamo superato».

NON SONO RIUSCITI ad arrivare in Europa neppure otto migranti, tra di loro sei bambini e una donna, morti per asfissia in un rimorchio dove erano stipati con altre 90 persone. Erano probabilmente diretti al porto di Zuara, lo stesso da cui erano partiti i 450 arrivati a Pozzallo. Erano chiusi nella cella frigo di un tir, adibita al trasporti di pesce: all’interno, stipati tra i migranti, un mucchio di giubbotti di salvataggio, da usare forse proprio per la traversata del Mediterraneo, e almeno nove taniche di benzina. Sono stati i vapori del carburante a ucciderli. I sopravvissuti sono stati ricoverati in condizioni critiche con problemi respiratori. Venivano dai paesi sub-sahariani ma anche dal Pakistan e dal Bangladesh. Li hanno trovati perché la polizia è stata avvisata da un informatore, il tir è stato fermato a est di Zuara, vicino al terminal di gas e petrolio di Mellitah. Le autorità assicurano di conoscere l’identità dei responsabili, che però sono fuggiti. Non si tratta di una novità: camion frigo sono spesso usati dai trafficanti per trasferire i migranti dai luoghi di transito alle spiagge di partenza per l’Europa.