Parlare di un’inversione di rotta è presto, ma le cose forse cominciano a cambiare. E anche se ci sono voluti più di 900 disperati morti affogati al largo delle coste libiche, alla fine l’Europa sembra voler guardare alle tragedie del Mediterraneo con occhi e – si spera – una volontà diversa rispetto al passato. «Chiudere Mare nostrum è stato un grave errore costato vite umane», ha detto ieri il presidente della commissione europea Jean Claude Junker parlando a Strasburgo nella plenaria dedicata dall’europarlamento all’immigrazione. Parole decisamente impensabili solo qualche mese fa e che oggi suonano come un’accusa alle scelte del governo italiano che alla missione della nostra Marina militare ha ostinatamente voluto mettere fine. Ma Junker non ha risparmiato critiche neanche al consiglio europeo, definendo «immediate» ma «insufficienti» le misure adottate la scorsa settimana per far fronte all’emergenza dettata da quanti cercano asilo in Europa. Concetti rafforzati dall’aula con l’approvazione a stragrande maggioranza – 449 sì, 130 no e 93 astenuti – di una risoluzione presentata da socialisti, liberali, popolari e Verdi con cui si chiede alla commissione di avviare una missione di search and rescue, di ricerca e salvataggio dei migranti nel canale di Sicilia finanziata dall’Ue e di mettere mano al regolamento di Dublino III stabilendo delle quote obbligatorie di divisione dei richiedenti asilo tra i 28. Ma anche di allargare il raggio di azione di Frontex, oggi inchiodata sulla linea della 30 miglia marine. «L’Europa deve fare la sua parte con azioni di solidarietà condivisa» , ha concluso Junker ricordando come l’Italia sia stata lasciata sola per troppo tempo.
La fortezza Europa si sta dunque aprendo? Dirlo oggi è a dir poco prematuro. Sicuramente sia il parlamento che la commissione stanno esercitando il proprio potere per fare pressioni sul consiglio europeo perché si adottino nuove strategie nei confronti dei migranti. E certamente molti dei contenuti espressi ieri finiranno nella nuova agenda sull’immigrazione che il commissario Ue Dimitri Avramopoulos presenterà il prossimo 13 maggio. Ma per ora questo è tutto. Resta infatti da superare lo scoglio più grande, rappresentato dal consiglio europeo in cui trovano voce gli interessi dei governi nazionali e che da sempre si oppongono a una più equa divisione dei richiedenti asilo. Non è a caso ieri il vecepresidente dell’europarlamento Gianni Pittella ha sottolineato come la risoluzione approvata metta la palla nelle loro mani: «Con questo testo – ha detto – il parlamento sfida tutti i paesi membri e li mette di fronte alle loro responsabilità».
Va detto che per ora i segnali in arrivo dal consiglio europeo sono tutto meno che incoraggianti. «E’ necessario lottare contro i trafficanti e distruggere i barconi agendo secondo il diritto internazionale, ma il modo migliore per salvare le vite è fare in modo che quelle persone non salgano mai su quale imbarcazioni», ha spiegato il presidente del consiglio Donald Tusk aprendo il dibattito sull’immigrazione e mettendo subito in chiaro come, per gli Stati, l’importante sia bloccare i migranti alla partenza aiutando «i Paesi di origine a controllare le frontiere». Come si vede due linguaggi completamente opposti.
Prosegue intanto la missione di Federica Mogherini alla ricerca di consensi internazionali a un’azione contro gli scafisti. Ieri era all’Onu, a New York, dove ha rivisto il segretario generale Ban Ki-moon con il quale si è incontrata due giorni fa a Roma (e che si è detto contrario sia a un’azione militare in Libia che all’affondamento dei barconi). «Non esiste una bacchetta magica», ha spiegato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue. «Le proposte che stiamo elaborando prevedono anche operazioni di polizia» per il contrasto al traffico di esseri umani. Mogherini cerca il consenso dei membri del consiglio di sicurezza (ha già parlato con il ministro degli Esteri russo e oggi sarà in Cina). «Dobbiamo lavorare sulla prevenzione dei viaggi della morte prima ancora che le persone entrino in Libia» ha proseguito, aggiungendo di voler avere, tramite il mediatore dell’Onu Bernardino Leon, contatti diretti anche con le varie fazioni libiche.