Come ti smonto Daesh? Dipende da come si guarda allo Stato Islamico: con terrore o con l’ironia che contraddistingue il popolo arabo. E il temibile miliziano vestito di nero e armato fino ai denti si trasforma in un uomo basso, ripiegato su se stesso, debole perché deboli sono l’ideologia faziosa che lo muove e la capacità di farsi Stato. A sfidare il sedicente califfato da 8 mesi sono i fumettisti iracheni ideatori di Daaafish. Chiaro richiamo al nome Daesh, ma dal significato simbolico opposto: “sgonfiare, smontare”. Daesh va smontato: è l’obiettivo dietro le vignette satiriche che spopolano in Medio Oriente grazie ai social network e che prendono di mira sia lo Stato Islamico che la corruzione tentacolare dell’Iraq post-Saddam.

Nel sito daaafish.com le vignette scorrono una dietro all’altra e balza agli occhi come siano la più azzeccata risposta ai cosiddetti “Isis leaks”, il documento pubblicato pochi giorni fa dal The Guardian: 24 pagine in cui il teorico del “califfo” al-Baghdadi, Abu Abdullah al-Masri, mette nero su bianco obiettivi e strategie per la fondazione di un vero Stato. Dentro c’è tutto: occupazione militare, propaganda mediatica, sistema amministrativo, reclutamento di adepti stranieri, rapporti con i paesi vicini, analisi storica dal patto coloniale Sykes-Picot all’avvento della famiglia Assad. Un documento che ha rivoluzionato il modo di guardare all’Isis, che da fenomeno considerato estemporaneo e irrazionale si fa concreto progetto statuale. Tanto da spingere analisti e osservatori a paragonare il documento alla teoria maoista e l’ex generale Usa McChrystal ad accusare l’Occidente di cecità: «Se guardiamo all’Isis come ad una stereotipata banda di killer psicopatici, rischiamo di sottovalutarli».

Lo Stato teorizzato dal “califfo” al-Baghdadi, calcolato progetto in fieri, non è la mera somma di miliziani né la semplice occupazione di territori: ha una precisa profondità spaziale e temporale. Cerca stabilità nelle ambizioni tipiche di un’entità statale: autosufficienza economica e controllo centralizzato delle risorse, relazioni internazionali, gestione di media, sanità e servizi alla cittadinanza, educazione delle future generazioni all’ideologia di base.

Molti degli strumenti previsti dall’Isis leaks sono già realtà: lo sanno bene città come Raqqa e Mosul, simbolo dell’autorità de facto che Daesh ha creato nelle comunità occupate tra Siria e Iraq. L’Isis investe energie e denaro nella sponsorizzazione di realtà che ritiene fiore all’occhiello, modello idilliaco del futuro progetto statuale teorizzato nelle pagine di al-Masri. La divisione in dipartimenti, ministeri e enti locali; lo sfruttamento del greggio e la vendita all’estero; la creazione di fabbriche e l’avvio di attività agricole; i servizi di pulizia delle strade e le reti elettriche ed idriche: c’è tutto. Ma non funziona: sfidando gli ostacoli alla comunicazione verso l’esterno imposte dagli islamisti, che bloccano internet per salvaguardare il proprio messaggio, sono i residenti delle zone occupate a riportarlo. Tasse, violenza, punizioni corporali, controllo strutturato smascherano il fallimento amministrativo dell’Isis.

Questo raccontano le vignette di Daaafish. Un iracheno di Mosul in ospedale a cui l’Isis toglie il pranzo da sotto il naso: mancano le risorse e spetta alla famiglia coprire le spese del malato. Un miliziano-cassiere che chiede una tassa doppia per il neo-papà a cui sono nate due gemelle. Un islamista che invita un iracheno ad attraversare le porte lussuose ed incantate del nuovo Stato, misero pannello che nasconde una realtà di conflitto e privazioni. Un bambino-soldato con un’uniforme da adulto, tanto grande da farlo inciampare nei pantaloni, che osserva perplesso la macchina da guerra dell’Isis. Individui che vestono come un feticcio la maschera da miliziano islamista e si trasformano in cloni, esseri tutti uguali a se stessi.

«Molti in Iraq pensano che gli abitanti di Mosul sostengano l’Isis – dice un membro di Daaafish, nome in codice Houda – Semplicemente non hanno armi per cambiare la situazione. E noi vogliamo mostrarlo. Riceviamo informazioni dalle notizie o da familiari e amici. Spesso non ci sono foto o video delle cose di cui parliamo».

Una satira che graffia e affonda il colpo dove l’Isis tenta di farsi grande: quei social media sfruttati con maestria dagli esperti del movimento diventano la tela per sgonfiare un’ideologia che – dicono gli attivisti di Daaafish – non ha nulla in comune con storia e cultura araba. Sono in 15, ingegneri, artisti, fumettisti, designer. Nella vita fanno altro, ritagliandosi lo spazio di anonimato (necessario ad evitare rappresaglie) che la rete concede per fare politica. E per smontare la finzione Daesh.