Aggrediti, insultati, picchiati, inseguiti per nove chilometri e sparati alle spalle. È questa al momento la ricostruzione più fedele ai fatti accaduti lunedì in contrada Vaccarella, tra Foggia e Lucera, ai tre braccianti originari del Burkina Faso, Sare Mamoudou, Kadago Adam e Souleiman.

Si erano mossi dalla mattina dal grande ghetto di Rignano Garganico con una Fiat Uno bianca per andare in cerca di lavoro nelle campagne del foggiano. Fermatisi vicino a dei campi alla vista di un contadino, gli chiedono un lavoro. Pur essendo negativa la risposta, il dialogo è tranquillo, amichevole. A pochi metri da loro c’è un campo dove sono stati raccolti dei meloni: alcuni sono marci, altri buoni. Gli chiedono se possono prenderne qualcuno: il campo non è il suo ma il contadino dice loro di sì, anche perché di lì a poco sarebbero andati buttati o distrutti.

È a questo punto che arriva Raffaele, 27enne figlio di Ferdinando Piacente, 67enne proprietario del terreno da dove Sare e i suoi amici hanno preso i meloni che hanno caricato in auto. Anche a lui chiedono un lavoro: il ragazzo però è poco disponibile, dice subito di no, ma soprattutto si accorge della presenza dei meloni in macchina. Li accusa di averli rubati dal campo di sua proprietà. Li aggredisce verbalmente, partono i primi spintoni, scoppia una rissa durante la quale pare che Raffaele Piacente venga colpito al naso. I tre braccianti del Burkina Faso riescono però a divincolarsi, salgono in macchina e vanno via.

È qui che scatta la furia cieca dei Piacente: il ragazzo entra in casa, avvisa il padre, prendono i fucili e partono all’inseguimento della Uno Bianca per nove chilometri: poi parte un colpo che fora una ruota della vettura che finisce fuori strada e costringe i tre alla fuga a piedi nei campi.

A questo punto non è ancora chiaro chi, tra padre e figlio prenda la mira e spari i tre colpi fatali: due feriscono mortalmente Sare, mentre un terzo coglie in pieno petto Kadago Adam che resta a terra. L’ultimo dei tre, Souleiman, riesce a fuggire nei campi salvandosi la vita e a chiamare i soccorsi una volta che i Piacente si sono dileguati.

Così, dopo l’assemblea di mercoledì nel ghetto di Rignano, l’ambasciata del Burkina ha inviato da Roma dei rappresentanti per garantire assistenza ai due sopravvissuti e per organizzare insieme alla Flai Cgil Puglia una grande manifestazione che il 30 settembre sfilerà per le vie di Foggia.

Intanto, Kadago Adam non è in pericolo di vita ma rischia di convivere per sempre con una cartuccia di fucile conficcata nel petto: i medici hanno deciso di non operarlo per i rischi troppo alti. Stranamente però, hanno manifestato sin da subito la voglia di dimetterlo e di rimandarlo nel ghetto: dove rischierebbe la vita viste le scarse condizioni igieniche del luogo. L’avvocato di Cerignola contattato dalla Flai Cgil ha scongiurato questa possibilità.

Adesso si lavora con il sindaco di San Severo, con cui da anni c’è un filo diretto per dare assistenza ai braccianti, per trovare un alloggio dove ospitare Kadago. Nello stesso tempo si cerca una strada per ottenere il permesso di soggiorno, magari attraverso l’applicazione della direttiva europea 52 del 2009, che oltre alla sanzioni per gli sfruttatori dei lavoratori prevede anche la concessione di un permesso di soggiorno in casi eccezionali, ed è stata recepita dalla legge Turco-Napolitano.

Infine ieri si è recata a Taranto la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Tra gli incontri avuti anche quello con il marito della bracciante di San Giorgio Ionico Paola Clemente, morta nelle campagne di Andria il 13 luglio, e Giuseppe De Leonardis, segretario della Flai Cgil regionale, che lo accompagnava. Che si ripeterà nuovamente tra due settimane a Roma per iniziare il tema delle audizioni sul tema del caporalato.

«Speriamo in un tempo celere di dare risposte alle vittime e alle famiglie delle vittime e giustizia a chi lo merita», ha dichiarato la senatrice Camilla Fabbri (Pd), presidente della Commissione. E nelle ultime ore sono state 19 le persone denunciate dai carabinieri di Taranto, al termine di un controllo finalizzato al contrasto del fenomeno del caporalato, dell’intermediazione e dello sfruttamento del lavoro nell’ambito delle attività agricole. Sono 24 le aziende agricole ispezionate, di cui 21 risultate irregolari: 290 posizioni lavorative di cui 90 risultate irregolari; 17 i lavoratori completamente “in nero” e un lavoratore “clandestino”. In totale contestate sanzioni amministrative per oltre 91 mila euro, e ammende per oltre 634 mila euro.