Sulle coste sarde torna l’incubo cemento. Ai primi di ottobre Ugo Cappellacci, presidente della giunta di centrodestra che governa la Sardegna, presenterà in consiglio le proposte di modifica del Piano paesaggistico regionale (Ppr) varato nel 2004 dall’esecutivo guidato da Renato Soru.

Sono però già note le linee guida del contro piano e sono più che sufficienti a rendere chiaro che l’obiettivo di Cappellacci e della sua maggioranza è quello di azzerare le misure di tutela che per quasi dieci anni hanno messo a riparo la Sardegna dagli appetiti degli speculatori immobiliari e degli impresari edili. Cappellacci ha fretta perché nella primavera del prossimo anno si terranno le elezioni regionali. Il leader del Pdl si ricandiderà e del via libera al partito del mattone vuole fare una dei due pilastri della sua campagna elettorale.

L’altro pilastro sarà la proposta di fare della Sardegna un’unica zona franca, con lo scopo di garantire alle industrie già presenti sul territorio e a quelle che nell’isola vorranno investire consistenti riduzioni fiscali. Una ricetta semplice semplice, quindi: cemento e sgravi fiscali. Così il centro destra vorrebbe portare la Sardegna fuori dal tunnel di una crisi devastante, segnata dallo smantellamento di buona parte dell’apparato industriale e dal crollo dei tradizionali settori dell’agricoltura e della pastorizia.

Il contro piano

Nelle linee guida proposte da Cappellacci cambia tutto rispetto al Ppr. Le coste della Sardegna, che il Ppr considera un «bene paesaggistico» nel loro complesso, diventano un «sistema ambientale ad alta intensità di tutela». La salvaguardia non è più complessiva: si deciderà caso per caso con «regole più precise e quindi più trasparenti» – si legge nel documento – e una «maggiore qualità della pianificazione, con la massima cura delle peculiarità paesaggistico-ambientali». Che cosa esattamente significhino queste formule, lo chiarisce un altro passaggio della bozza approvata dalla giunta regionale e poi dal consiglio: «È necessario mediare tra la tutela delle risorse primarie del territorio e dell’ambiente e le esigenze socio-economiche della comunità, all’interno delle strategie di sviluppo territoriale e sostenibilità ambientale». Tutela sì, ma se questa blocca le «strategie di sviluppo territoriale» va eliminata o drasticamente ridotta. E siccome non è un mistero per nessuno che per la stragrande maggioranza dei comuni costieri le «strategie di sviluppo» coincidono con la lottizzazione del territorio per costruire alberghi e villaggi turistici, è chiaro dove vada a parare il contro piano di Cappellacci. Tanto più che il documento, subito dopo avere aver affermato la necessità di armonizzare «la tutela delle risorse primarie del territorio e dell’ambiente e le esigenze socio-economiche della comunità», fa riferimento sia al Piano casa lanciato da Berlusconi e per ben tre volte prorogato nell’isola da Cappellacci, sia ad una legge regionale, approvata da centro destra nel 2011, che prevedeva la costruzione di venti nuovi campi in tutta l’isola con altrettanti alberghi e strutture ricettive, soprattutto vicino alla costa (legge impugnata dal governo Monti che l’ha rimandata alla Corte costituzionale).

Tutti alla corte dell’emiro.

Ma c’è un altro motivo per cui Cappellacci vorrebbe chiudere al più presto la partita della revisione-cancellazione del Ppr. Lo scorso aprile la Costa Smeralda è stata acquistata dalla Qatar Holding, il fondo sovrano che è il braccio finanziario della famiglia reale dell’emirato arabo. A vendere è stato l’attuale socio di maggioranza del Consorzio Costa Smeralda, cioè la Colony Capital del milionario americano Tom Barrack. Con una quota del 14,3% la Qatar Holding era già socio della società che detiene quattro tra i più prestigiosi alberghi a cinque stelle del mondo, Cala di Volpe, Pitrizza, Romazzino e Cervo Hotel, oltre alla Marina e al Cantiere di Porto Cervo e al Pevero Golf Club, tra i più importanti campi da golf a livello internazionale. Ora la Qatar Holding possiede il 100 per cento della proprietà.

Il complesso turistico alberghiero acquistato dalla Qatar Holding fu creato nel 1962 dall’Aga Khan e poi venduto a Barrack nel 2003. L’Aga Khan aveva deciso di disfarsi della sua creatura per le difficoltà che aveva incontrato ad ottenere dalla Regione Sardegna le autorizzazioni necessarie a realizzare un faraonico progetto di raddoppio della Costa Smeralda: una cosa come 2.300 ettari tra il comune di Arzachena e quello Olbia, sui quali sarebbero dovuti sorgere altri alberghi e strutture ricettive extra lusso. Barrack dal canto suo aveva investito 315 milioni di euro per diventare proprietario dei terreni e degli alberghi un tempo posseduti dall’Aga Khan. Ad aprile il magnate statunitense ha venduto agli arabi per 600 milioni. Anche lui, come l’Aga Khan, ha cercato di ampliare i limiti dell’ insediamento turistico nato nel 1962, sia pure con obiettivi più modesti rispetto al principe ismailita. E anche lui ha dovuto cedere, bloccato dalle leggi di tutela, soprattutto dai vincoli stabiliti dal Piano paesaggistico voluto da Soru. Dalla Regione Barrack ha ottenuto solamente l’autorizzazione a restaurare alcuni degli alberghi storici. Troppo poco. Come l’Aga Khan, anche Barrack, non potendo costruire, è andato via, considerando la gestione dell’esistente poco remunerativa rispetto all’investimento sostenuto al momento dell’acquisto.

Costa Smeralda 2

Il fondo sovrano Qatar Holding, che fa capo all’emiro Tamin al Thani, da poco succeduto al padre Hamad bin Kalifa al Thani, è un colosso della finanzia. In Europa investe nel settore turistico e dell’intrattenimento (in Italia ad esempio ha acquistato l’Hotel Gallia e in Francia la squadra di calcio del Paris Saint Germain). E come tutti sanno possiede l’emittente televisiva Al Jazeera. Con Barrack è socio nella proprietà dei Fairmont Raffles Hotel e della Miramax Film. In Costa Smeralda il fondo sovrano del Qatar cercherà di fare ciò che non è riuscito all’Aga Khan e a Barrack: gettare quanto più cemento possibile sui terreni acquistati non ancora edificati. Già sono stati presentati dei progetti di massima che danno un’idea molto precisa di quelle che sono le intenzioni dei manager dell’emiro. Sono quattro i nuovi alberghi che la Qatar Holding ha annunciato di voler costruire: uno col marchio Harrods da 150 camere, un family hotel da 200 posti letto con piscine e attività sportive e due hotel più piccoli, al Pevero da 90 stanze e a Razza di Juncu da 75. E siccome gli arabi vogliono anche diversificare e puntare ad un target un po’ meno di élite, nei loro piani c’è anche un grande parco acquatico a Liscia Ruja, una delle zone più incantevoli della Costa Smeralda, ancora del tutto intatta. L’idea è quella di una maxi area del divertimento con scivoli e piscine a ridosso di una delle spiagge più belle del Mediterraneo. E poi ci sono le ville, queste sì per super ricchi: trenta extra lusso di altissimo pregio più altre novanta definite «normali».

Ovviamente per fare tutto questo il Piano paesaggistico regionale deve andare in soffitta. Prima di comprare la Costa Smeralda, l’emiro (allora era sul trono c’era ancora Hamad bin Kalifa al Thani) ha incontrato a Doha Cappellacci, il quale ha garantito che presto il Ppr sarebbe stato modificato in modo da rendere possibili i progetti di espansione edilizia che né all’Aga Khan né a Tom Barrack era riuscito di realizzare. Non solo, il presidente della Regione Sardegna ha anche spiegato all’emiro che utilizzando il Piano casa regionale i suoi manager avrebbero potuto ristrutturare, fuori dai vincoli del Ppr, quasi una trentina di case coloniche dalla tipica architettura gallurese (gli stazzi) per trasformarle in ville di lusso. Cappellacci ha dato all’emiro la sua parola, ed è fermamente intenzionato a mantenerla. Se qualcuno non lo ferma prima.