Essere un’isola è una faccenda complicata. Anche sul piano strettamente economico. Il peso dell’insularità sullo sviluppo economico della Sardegna è stato analizzato dai ricercatori del Crenos («Centro ricerche economiche nord sud» dell’Università di Cagliari) nell’annuale «Rapporto sull’economia sarda» pubblicato circa un mese fa. E uno degli approfondimenti della ricerca è stato dedicato al rapporto cruciale tra insularità e trasporti. S’è scoperto così che la distanza tra Sardegna e continente aumenta in inverno e si assottiglia d’estate.

«Per attraversare il mare e percorrere i 230 chilometri che separano il porto di Olbia da quello di Civitavecchia (la distanza minima tra Sardegna e continente) – si legge nella ricerca del Crenos – in estate con il trasporto marittimo si impiega una media di 9,22 ore totali. Se questo tempo fosse impiegato in un percorso stradale, a una media velocità, si coprirebbero ben 553 chilometri».

La differenza di 323 chilometri (+141%) rappresenta, non solo in termini di tempi e spazi, ma soprattutto di incidenza economica, lo svantaggio specifico della Sardegna rispetto alle altre regioni d’Italia. Lo stesso calcolo, che tra gli indicatori prende in considerazione la frequenza delle corse delle navi, relativo ai mesi invernali, dà un risultato ancora più negativo: la distanza virtuale si allunga a 1.193 chilometri, con 963 chilometri di differenza rispetto a quella reale.

Anche sul fronte trasporti interni la Sardegna resta indietro, con la densità ferroviaria più bassa d’Italia e con un grado di utilizzo dei mezzi pubblici di gran lunga inferiore alla media nazionale. E sarà forse perché il settore dei trasporti allontana che ad avvicinare la Sardegna al resto del mondo è la sua «vocazione digitale» (così la chiama il Crenos), confermata dai dati che mostrano segnali positivi: solo il 29% dei sardi (contro il 33% di tutta la popolazione italiana) non ha mai usato un computer e la diffusione della banda larga (pari al 75%) è in linea con la media europea e mette l’isola al secondo posto a livello nazionale. Buona performance anche per quanto riguarda i dati sulle start up innovative: nell’isola operano 6,1 realtà su 100mila abitanti (il dato nazionale è di 5,9).

Ma la «vocazione digitale» non basta a risolvere i problemi. Per i trasporti via mare, quelli più importanti sia per le persone sia per le merci, in Sardegna esiste una situazione di monopolio che ha pesanti effetti negativi. Ai primi di luglio, infatti, l’armatore di Olbia Vincenzo Onorato, già proprietario della Moby, ha completato la sua scalata a Cin-Tirrenia, portando nel suo gruppo il cento per cento delle azioni della compagnia di navigazione un tempo pubblica e poi privatizzata.

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Un’operazione nella quale sono stati investiti cento milioni di euro (arrivati in parte da Unicredit e in parte dal fondo di investimenti americano Och Ziff), al termine della quale Onorato si ritrova a controllare il 95 per cento dei trasporti marittimi in Sardegna. Una situazione di monopolio di fatto alla quale la giunta regionale sarda (un centrosinistra che comprende Pd, Sel, piccole formazioni di centro e gli indipendentisti dell’Irs) ha risposto con una richiesta di valutazione di legittimità indirizzata alla Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm).

«Abbiamo segnalato la vicenda all’Agcm perché l’acquisizione del cento per cento del pacchetto azionario di Cin-Tirrenia da parte del gruppo Onorato realizza una concentrazione dai profili decisamente anomali in un mercato ristretto come quello dei collegamenti marittimi da e per la Sardegna», scrive l’assessore regionale ai trasporti Massimo Deiana nella lettera indirizzata al presidente all’Agcm, Giovanni Pitruzzella. Con la stessa lettera la giunta presieduta dall’economista Francesco Pigliaru chiede anche all’agenzia di «valutare la possibilità di adottare misure cautelari che sospendano l’efficacia dell’acquisizione di Cin-Tirrenia da parte del gruppo Onorato nelle more della valutazione di legittimità».

Il verdetto della Agcm arriverà ai primi di settembre. Intanto a mobilitarsi contro il monopolio dei trasporti marittimi non è soltanto la giunta regionale. «La scalata di Onorato in Tirrenia è una vicenda che non può essere considerata esclusivamente di competenza della Regione, deve essere affrontata dal governo e dal parlamento: riteniamo indispensabile un’audizione e un primo confronto con la nuova proprietà». Questa la richiesta contenuta in una lettera che ai primi di luglio diversi senatori del Pd hanno inviato al presidente della commissione trasporti di Palazzo Madama.

«Sono ormai innumerevoli – dicono i parlamentari Pd – le denunce per i biglietti ultra costosi, quasi 2.000 euro per andata e ritorno di una famiglia con 3 bambini. Il passaggio di proprietà della quota di maggioranza della Cin-Tirrenia a Onorato, già proprietario della Moby, corre il rischio di aggravare una situazione assolutamente anomala per rotte che sono prima di tutto, per i sardi, un’essenziale servizio pubblico». Nella lettera si chiede di valutare «in primo luogo tutti i problemi legati alla situazione di monopolio che si è venuta a creare, con le ricadute negative che ciò comporta. E in secondo luogo le questioni riguardanti il piano di impresa, su cui c’è stato il sostegno economico determinante di agenzie di credito non solo nazionali, e la tutela dell’occupazione per il personale». Polemici gli indipendentisti dell’Irs: «In risposta alle preoccupazioni dei sardi, il ministro Graziano Delrio ha dichiarato che non c’è niente di anomalo nell’acquisizione di una compagnia di navigazione privata da parte di un imprenditore privato. Si avalla così la presenza di un monopolio che minaccia il diritto dei sardi alla mobilità. Diritto ora appeso al verdetto della Agcm».

Anche alcuni deputati Pd hanno chiesto, con una lettera al presidente della commissione trasporti della Camera Michele Meta, l’audizione dei nuovi vertici di Tirrenia, «per acquisire direttamente notizie sulle prospettive della società e del servizio pubblico di continuità territoriale». La richiesta è stata accolta e a metà luglio Meta ha convocato in audizione Onorato e l’amministratore delegato del gruppo, Massimo Mura. Entrambi hanno assicurato che per il momento le tariffe per i passeggeri e quelle per le merci resteranno congelate e che è intenzione della compagnia mantenere la convenzione tra Stato e Cin-Tirrenia che garantisce la copertura di una parte del costo del biglietto per i residenti in Sardegna. «E’ interesse della compagnia – ha aggiunto Onorato – preservare i livelli occupazionali e sviluppare ancora di più la collaborazione con il tessuto sociale e commerciale dell’isola».

Ma intanto il caro biglietti non favorisce certo la stagione turistica. Sempre secondo i ricercatori del Crenos, la spesa sostenuta per il viaggio incide mediamente su oltre un quarto (26 per cento) dei costi complessivi di chi decide di fare le vacanze in Sardegna. Per un italiano ad esempio la spesa totale è di 731 euro: il 25 per cento, e cioè 181 euro, va via in biglietti o di aereo o di nave. Per uno straniero invece la spesa complessiva è di 1061 euro: il 28 per cento, e cioè 293 euro, va via per partenza e ritorno. Per i trasporti interni non c’è differenza tra lombardi o tedeschi: i costi in entrambi i casi incidono per l’11 per cento delle spese extraviaggio. E anche da come si muovono i turisti si capisce che le cose molto bene non vanno: quasi tutti i vacanzieri che scelgono la Sardegna preferiscono l’auto, il 50,4 per cento quella privata, il 27 per cento a noleggio. La fetta che sceglie il trasporto pubblico si ferma al 16,3 per cento.

Perché il guaio, per la Sardegna, non è soltanto che tra l’isola e il mondo c’è di mezzo il mare, ma anche che la rete degli autobus, e ancora di più quella ferroviaria, sono le peggiori d’Italia.